Siamo gente d’Avvento
Commento al Vangelo di domenica 3 dicembre 2023 - I Domenica di Avvento - Anno B
di Andrea Biancu
3' di lettura
1 Dicembre 2023

Il cammino dell’anno liturgico ricomincia ancora una volta con l’Avvento: David Turoldo afferma che “noi siamo gente d’Avvento”, sempre in attesa. La nostra esistenza è fatta di attese, di notizie che arricchiscono le nostre giornate e che manifestano la continua ricerca di novità. Scorriamo le pagine di Internet o i post che appaiono nello schermo dei nostri cellulari e leggiamo velocemente (e a volte distrattamente) con l’intenzione di cercare le notizie dell’ultimo minuto. C’è una notizia che non diventa mai “vecchia” o scontata: è la Buona Notizia, il Vangelo.

In questo anno liturgico siamo invitati a riscoprire il Vangelo di Marco: è il più antico e anche il più breve (16 capitoli), incentrato su due interrogativi fondamentali: l’identità di Gesù e quella del discepolo. L’evangelista Marco ci mostra passo dopo passo chi è Gesù: non ci mostra subito la sua vera identità, ce la fa scoprire gradualmente, perché i discepoli ieri e i credenti oggi devono avere una conoscenza esperienziale di Gesù. La Buona Notizia non va soltanto pubblicata e amplificata con la potenza dei mezzi umani, ma conosciuta da persone che hanno vissuto la comunione con Lui e che sono penetrare nel “segreto” della sua identità.

La liturgia ci fa iniziare la lettura di questo Vangelo quasi dalla fine, mettendo al centro il verbo “vegliare”, ripetuto quattro volte in cinque versetti. È il tema centrale dell’Avvento: attendere. Nel nostro tempo dominato dalla velocità, dall’immediatezza e dalla fatica di aspettare, risuona questo monito che restituisce al tempo la sua preziosità: dove regna l’impazienza non si può tendere l’orecchio all’ascolto, si brucia solo il futuro che è fatto di attesa e speranza forzandolo a diventare “continuo presente” che passa con rapidità.

«Vegliate perché non sapete quando è il momento» (Mc 13,33): c’è sempre qualcosa che può sorprenderci, qualcosa di inaspettato, occorre essere desti. Nelle parole di Gesù c’è un dettaglio, quando descrive le quattro fasi della notte (che servivano come lancetta di un orologio ideale): la sera, la mezzanotte, il canto del gallo, il mattino. Non c’è solo la notte, perché il buio ha fasi diverse e chi attende la luce fa ardere con il suo desiderio anche la fiamma più piccola. Al contempo non ci si può addormentare, non si può lasciare spazio alla stanchezza, all’oscurità che sembra avvolgere tante realtà.

Il cardinal Carlo Maria Martini in una sua lettera pastorale dedicata al tempo (Sto alla porta, 1992) ha scritto: «Vigilare significa badare con amore a qualcuno, custodire con ogni cura qualche cosa di molto prezioso, farsi presidio di valori importanti che sono delicati e fragili. Vigilare è perciò disponibilità a coltivare, senza censurare l’emozione che prima o poi sfiora ogni uomo, il presentimento di una profondità della vita e del tempo, dei gesti e delle cose, del corpo e dell’anima, che risuona alla nostra coscienza come una promessa».

Siamo “gente d’Avvento” se sappiamo vegliare con la certezza che la Buona Notizia sarà sempre una novità da custodire e da trasmettere, proprio come ha fatto l’evangelista Marco.

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