Dio è buono e paziente
Commento al Vangelo di domenica 23 luglio 2023 - XVI Domenica del Tempo ordinario - Anno A
di Michele Pittalis
Jean-François Millet, Raccolta del grano, estate (1868-74ca), Museum of Fine Arts, Boston
4' di lettura
23 Luglio 2023

C’è una domanda che alberga nel nostro cuore, drammaticamente provocante, inquietante, spesso angosciosa. È la domanda di senso che vorrebbe cogliere il significato della compresenza, nel mondo e nell’uomo, del bene e del male.

La liturgia di questa domenica, attraverso la prima e la seconda lettura, ci offre un fondamento solido riguardo all’amore di Dio, effuso nel nostro cuore attraverso lo Spirito. Quindi, nel Vangelo, ci conduce a scoprire il singolare modo di agire di Dio riguardo all’esistenza nella storia del mondo tanto di un consolante bene (il grano) e quanto di un infestante male (la zizzania).

Il testo del libro della Sapienza mostra la singolare attenzione da parte di Dio nei confronti di ogni uomo, anche di chi è caduto nel peccato. Dio «ha cura di tutte le cose», è sempre imparziale, è «padrone di tutti» e perciò «indulgente con tutti», giudica con mitezza e governa con indulgenza, per dare a noi suoi figli «la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento».

Il contrasto tra l’onnipotenza di Dio, più volte sottolineata, e la sua mitezza nel governarci, diventano anche per noi una parola di vita. Si affaccia spesso in noi la convinzione lacerante che Dio sia una specie di giudice impietoso e vendicativo. Davanti ad una sofferenza, ad una malattia, ad una difficoltà, sorge subito nel cuore la terribile domanda: «Cosa ho fatto per meritare questo?». Forse per una fede ancora immatura, sopravvive in tutti l’idea di un Dio castigatore, che attende la nostra caduta per rovesciarci addosso qualche punizione.

La parola della Sapienza, ci mostra un Dio che riversa su ogni uomo la sua straordinaria e redentrice potenza d’amore. Non viene esclusa la possibilità del peccato, del rifiuto, della “insolenza” da parte dell’uomo, ma viene rimarcata la potenza di Dio, che si manifesta proprio nell’amore.

Le parole di San Paolo, nella Lettera ai Romani, si concentrano sulla presenza “orante” dello Spirito in noi. Lo Spirito «viene in aiuto alla nostra debolezza»: è la debolezza della fede, del credere ed aderire al piano salvifico di Dio, del credere al suo amore, al suo perdono, alla redenzione. Lo Spirito, che conosce il nostro cuore e scruta le profondità stesse di Dio, “intercede” per noi, conducendoci all’incontro con il Dio vivo e vero. Ecco perché invocare il dono dello Spirito è la porta e l’inizio della vera preghiera. Noi non sappiamo pregare: non sappiamo cosa dire, come dirlo. Nel confidare a Dio le nostre necessità, la fede esige che lasciamo a Lui la decisione di ciò che, in ogni momento, è realmente conveniente per noi.

Il Vangelo risponde alla nostra domanda iniziale sulla compresenza del bene e del male nel mondo e nel cuore dell’uomo. Nel campo di Dio viene seminato sempre e solo il buon grano. Il nemico vi semina la zizzania. Solo quando il seme germoglia ed inizia a crescere, si nota la differenza. La tentazione è di sradicare subito la zizzania, ma l’atteggiamento di Dio è diverso: occorre lasciare crescere insieme il grano e la zizzania, e poi la separazione avverrà alla mietitura. 

Gesù dice chiaramente che, nella storia del mondo e all’interno del nostro stesso cuore, il grano del bene convive con la zizzania del male. Voler estirpare il male, voler subito intervenire eliminando definitivamente gli ostacoli, provoca il rischio di estirpare insieme anche il bene. In un certo senso, questa compresenza troverà soluzione solo alla fine del mondo, quando sarà Dio, infinitamente paziente, separare il grano dalla zizzania.

Il tempo del Regno include la persecuzione, gli ostacoli e le difficoltà. Ciò che Gesù sottolinea è che: «un nemico ha fatto questo», un nemico ha seminato la zizzania. Il riferimento è al maligno: lui semina in mezzo al bene il veleno del male; lui inquina il nostro cuore. Lo Spirito Santo diventi luce per discernere, in noi e nella storia, ciò che non viene da Dio.

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