Dalle parole alla Parola
Commento al Vangelo di domenica 16 luglio 2023 - XV Domenica del Tempo ordinario - Anno A
di Michele Pittalis
Vincent Van Gogh, Un seminatore (tratto da Millet), 1881, Van Gogh Museum, Amsterdam
4' di lettura
15 Luglio 2023

Viviamo in un mondo terrorizzato dal silenzio, in cui il chiasso e l’eccesso di parole tentano di soffocare il desiderio di interiorità che sempre si nasconde nel cuore dell’uomo. Le parole urlate o suadenti dei media hanno preso il posto del dialogo nella famiglia e nelle normali relazioni interpersonali. Il parlare virtuale supera il parlare autentico. È un mondo in cui si parla molto ma si dice poco, e di conseguenza, si sente molto ma non si ascolta. Eppure la parola è il mezzo ordinario per comunicare e comunicarsi, per entrare in relazione con l’altro, per generare comunione. Proprio la Parola di Dio, Parola che supera le parole, Parola stupendamente efficace e continuamente donata, sta al centro della liturgia di questa domenica.

Nella prima lettura, un’immagine tratta dalla natura, la pioggia, diventa il segno della Parola, che discende dal cielo, raggiunge l’uomo e ritorna a Dio. E come la pioggia che cade sul terreno è feconda, così anche la Parola di Dio realizza inesorabilmente il compito per cui è stata inviata. 

Una serie di verbi, che caratterizza l’azione della pioggia, può essere attribuita anche all’azione della Parola: irrigare, fecondare, far germogliare, dare il seme, dare il pane. Anche la Parola porta in sé una carica vivificante, toglie dall’aridità, restituisce e crea la condizione di recettività, rende cioè l’uomo capace di accogliere il dono di Dio. Dove la Parola giunge, il deserto fiorisce. 

La Parola di Dio ci strappa all’aridità, ci fa passare dalla morte alla vita. Essa infatti, irrigando, trasforma la terra in un grembo accogliente, nuovamente capace di generare. La Parola rende fecondo il cuore, rende feconda la vita, e da questa fecondità nasce il germoglio di un’esistenza nuova. Giungendo a maturità, la Parola diventa nuovo seme, che viene nuovamente sparso, per ricominciare il ciclo vitale. E la Parola diviene, infine, nutrimento della vita spirituale, diventa “pane”, perché attraverso di essa entriamo in comunione con Dio, accogliendo in noi la sua presenza.

Non dobbiamo trascurare la potenza della Parola di Dio. Troppo spesso non abbiamo la consapevolezza della forza della Parola, della sua capacità trasformante, proprio perché dimentichiamo la sua “origine”. Venendo da Dio, porta in sé tutta l’onnipotenza creatrice di Dio.

Anche nel Vangelo, Gesù fa ricorso ad un’immagine presa dalla vita quotidiana, dall’attività agricola dell’uomo. La figura del seminatore, così comune al tempo di Gesù, diventa quindi il veicolo di una catechesi estremamente ricca, e di cui Gesù stesso fornisce la spiegazione, sulla potenza della Parola di Dio.

C’è subito un dettaglio del racconto che ci fa pensare. Sembra infatti che questo seminatore sia assai “distratto”, perché nello spargere il seme, lo fa cadere nei posti più disparati e sicuramente meno indicati, per esempio la strada o i sassi. Questo seme sparso ovunque, senza misura, diventa tuttavia anche immagine della sovrabbondanza con cui Dio semina la Parola, senza preoccuparsi di dove possa cadere, ma avendo unicamente cura che sia abbondante. Anzi, sembra quasi che Dio “metta in conto” che parte del seme sia disperso. È un rischio che Lui è disposto a correre.

Gesù stesso ci spiega cosa significhino i luoghi in cui la Parola cade. Le preoccupazioni della vita e l’inganno della ricchezza, il non aver radice in se stessi, l’incostanza, sono atteggiamenti che dipendono da noi e comportano un impegno personale. Eppure, nel testo evangelico, l’attenzione di Gesù non è tanto sul terreno, quanto sulla Parola in se stessa.

L’accoglienza della Parola raggiunge il suo senso più autentico quando la Parola ricevuta diventa vita concreta, portando tuttavia un frutto “differente”. Sembra quasi che nemmeno il risultato stia a cuore a Gesù, ciò che conta è accogliere la Parola e lasciarla lavorare in noi stessi, perché trasformi il nostro cuore, perché passiamo dalle “doglie del parto” alla “adozione a figli”.

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