A scuola di felicità
Commento al Vangelo di domenica 29 gennaio 2023 - IV Domenica del Tempo ordinario
di Michele Pittalis
Ivan Makarov, Il Sermone della montagna (particolare), 1889
4' di lettura
29 Gennaio 2023

È il Sermone della montagna «che mi ha fatto amare Gesù. È il Sermone della montagna che mi ha rivelato il valore della resistenza». Sono parole, cariche di stupore e ammirazione, del Mahatma Gandhi. Ci introducono nella liturgia della Parola di questa domenica, in cui iniziamo la lettura del “discorso della montagna”, autentico capolavoro del Vangelo di Matteo. Il testo delle “beatitudini” introduce il grande discorso, e già sorprende, inquieta, spiazza, ma anche consola, incoraggia, sostiene. È un testo profondamente rivelativo: traccia identità del discepolo mostrando in tutto il suo splendore il volto di Gesù.

Il profeta Sofonia ha parole forti, per invitare alla conversione: «cercate il Signore». La ricerca di Dio si qualifica con altre due espressioni molto eloquenti: «cercate la giustizia, cercate l’umiltà». Giustizia e umiltà diventano “sinonimi” di Dio. Non si tratta solo di un “dare a ciascuno il suo”, ma di riconoscere e desiderare la giustizia che viene da Dio, che è in Dio. La giustizia di Dio è la misericordia, è la sua totale disponibilità al perdono e alla riconciliazione, è la sua preferenza per i «poveri della terra», che sono gli unici capaci di accogliere il messaggio di salvezza.

L’umiltà è insieme atteggiamento di Dio e dell’uomo. Dio si piega continuamente verso il suo popolo, anche quando esso lo ferisce con la sua infedeltà. L’umiltà di Dio sta nel cercare l’uomo con tenace insistenza, e troverà il suo culmine proprio nell’Incarnazione del Verbo, quando Dio sceglie di condividere totalmente l’esperienza umana. Umile è l’uomo che nella verità riconosce la sua piccolezza davanti a Dio. Ecco perché, continua il profeta Sofonia, umiltà e povertà caratterizzeranno il resto di Israele, affinché possa confidare solo nel Signore.

Nel Vangelo, Gesù assume l’atteggiamento del Maestro, insegnando ai discepoli da seduto. Il monte ci porta idealmente ad un altro monte, dell’Antico Testamento, in cui Mosè ha ricevuto le “tavole della legge”. Il monte delle beatitudini è il nuovo Sinai, e le beatitudini sono la nuova legge, riferimento assoluto della vita cristiana, vera rivelazione del modo di pensare di Dio, opposto rispetto alla mentalità del mondo. 

Le beatitudini non riguardano la felicità che si può trovare nel fare qualcosa, ma nell’essere qualcuno in particolare. La beatitudine non è frutto dell’osservanza della legge, ma dalla nostra capacità ad accogliere sempre più in profondità il mistero e la presenza di Dio. Ciò che è celebrato dall’uomo, è indicato da Gesù come infinitamente lontano da Lui e dal suo Vangelo. Ciò che il mondo considera lodevole, prezioso, auspicabile, desiderabile, è da Gesù mostrato come incapace oggettivamente di colmare l’anelito del cuore alla gioia e alla pace. Solo con Gesù ogni situazione della vita umana assume un significato nuovo, carico di speranza e di luce.

Le beatitudini sono incoraggiamento a chi vive particolari difficoltà, invito pressante ad aderire in pienezza a Gesù e al suo Vangelo, annuncio di speranza e di senso. Ma sono soprattutto l’indicazione chiara di ciò che il discepolo è chiamato ad essere, le virtù che è chiamato ad incarnare, la verità che è chiamato a testimoniare. Centro 

È vero, ci ricorda san Paolo, che Dio sceglie ciò che nel mondo è stoltodeboleignobile e disprezzatonulla; ma la beatitudine non sta tanto nell’essere considerati tali dalla mentalità mondana, ma nel vivere la propria condizione unicamente in riferimento a Gesù, immersi in Lui, vivendo in Lui. Le beatitudini sono allora un invito ad “agganciare” fortemente la nostra vita a Gesù. Ed Egli darà il senso a tutto, facendoci sperimentare la gioia piena, che niente potrà strapparci.

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