Lutz’ di Enedina Sanna, mastra contadora
Attingendo alla tradizione l’autrice rielabora con sensibilità antica e moderna sos contos de fochile
di Natalino Piras
Enedina Sanna
6' di lettura
5 Marzo 2024

Libro di magia, di sonno-sogno, di berbospungasrezettas. Libro di silenzi, di suoni, di musiche naturali. Libro pure di sapori e odori, gustos e nuscos. La Sardegna è contenitore-contenuto. È il libro di Lutz’ che si pronuncia Lutzì. 

È la jana Ar°r che vede per la prima volta Lutz’ alle Grandi Dune. La ragazza se ne sta seduta «accovacciata sulla sabbia, racchiusa nel gabbano di orbace del nonno, che la protegge non dal freddo, ma dalla solitudine. La chiameremo Lutz’. È il suo nome di battaglia». 

Il Libro I di Lutz’ è come fosse tessuto nei telai de sas janas nostre contemporanee. Il racconto è di Enedina Sanna di Cheremule, mastra contadora, una lunga esperienza come narratrice e come organizzatrice di Festival e convegni, incontri pure internazionali, molto Mediterraneo, dove l’arte del racconto sta al centro. Mastra contadora, Enedina Sanna, raffinata scrittrice e titolare di Archivi del Sud Edizioni che Lutz’ ha pubblicato nel 2023 (44 pagine, copie numerate a mano). Le illustrazioni sono di Lorenzo Massa, nato a Nuoro, classe 1993. Nelle tavole dove compare Lutz’ sembra di riconoscere la stessa Enedina Sanna. 

Il tema del primo libro è La partenza. La ragazza Lutz’, il cuore perennemente gonfio di dolore, non sopporta il mare azzurro dell’estate. Le manca «il mare in tempesta grigio e plumbeo». Vuole e deve raggiungere la «terra delle fate, un regno parallelo a quello costruito dai nostri sensi, forse abitato anche da altre creature oltre le janas». Lutz’, accompagnata da Ar°r, deve intraprendere un viaggio. C’è un perché sull’ ostinazione di Lutz’, significato di Lucia ma pure di luce. Molto del dolore di Lutz’ è l’incombenza di Babborku  e dei suoi goblin,  mostruose creature di bassa statura che popolano il mondo folkloristico europeo. I goblin sono al servizio dei peggiori e sanguinari tiranni. Nel Libro I di Lutz’, efficacemente disegnati da Lorenzo Massa, richiamano tanti volenterosi carnefici di Hitler quali li dipingono gli espressionisti in pittura e al cinema. Ma potrebbero essere pure sos orcos della guerra in Ucraina e nella devastata striscia di Gaza. Babborku de sos contos di quando eravamo bambini, è pesante ombra generatrice di paure. Dice Enedina: «Nessuno pronunciava mai il nome della grande ombra, ma lei [Lutz’] sapeva che Babborku era la causa di tutto».  Babborku porta desolazione e guerra, abolisce un possibile tempo di pace. Tanto più necessario e giusto allora per Lutz’ raggiungere il regno de sas janas da cui chi sa se otterrà aiuto.

Attingendo dalla tradizione come si addice al suo magistero di narratrice, rielaborando con sensibilità antica e moderna sos contos de fochile, Enedina Sanna disegna tutto un mondo per Lutz’. Entrano nella narrazione personaggi di altri contesti e culture. Il più importante è il pastore Tiresìa, cieco, di natura ambigua come Tiresia l’indovino del mito greco. Insieme al folletto delle erbe, Tiresià  aiuta Ar°r e Lutz’ a costruire sacchetti-pungas che serviranno a superare  gli ostacoli di cui è  costellato, seminato,  il viaggio. È il patrimonio dell’oralità, del tramandare, l’arte di Omero, a dettare le regole della scrittura, sia che questa, come accade nel Libro I di Lutz’, sia prosa oppure poesia, in sardo, a predominanza logudorese con varianti in campidanese. Anche questo c’è in Lutz’. Vi si legge: «Arretzeta supa de gentillas de Jaja», zuppa di lenticchie di Jaja, «Po cuatru personas». Deve essere, se riesce, un piatto gustoso. 

Prima della partenza Lutz’ trova spesso rifugio nella casa dei nonni, Jaiu e Jaia, È una presa di possesso del tempo, come reale e come sogno. «Lutz’ doveva ascoltare le sue [di Jaiu] storie e doveva dimostrare di averle ascoltate e di saperle ripetere». Alla casa di Jaju e Jaja arriva anche Zuanne cugino di Lutz’, «ki no at conca ne asséliu», che appare e scompare, che rinfaccia alla cugina il «brutto carattere», che però le insegna a cavalcare. È con Zuanne che Lutz’ «esplora il territorio intorno, scoprono nuovi luoghi, si arrampicano sui tavolati rocciosi, vogliono vedere cosa c’è al di là, dopo la collina, e poi dopo il fiume…».  Poi anche Zuanne viene sedotto dai rumori della guerra e alla guerra parte. Prima però, Lutz’ aveva fatto in tempo a rubargli, senza che il cugino se ne accorgesse, il coltello, sa leppa. Questa dovrà lasciare, come prova, una volta arrivata alla prima delle sette porte che conducono al regno delle janas. In tutto sono dieci le cose da lasciarsi alle spalle, per arrivare alla meta il più leggeri possibile.

Diverse le funzioni didattiche del libretto. Entrano in gioco la memoria, l’apprendimento dell’arte del racconto ma pure l’abilità manuale per ricostruire e sagomare, disegnare e colorare persone, animali e oggetti, ancora il reale e l’immaginario: i tre sacchetti di erbe della montagna e la cavalla bianca «bardata con i finimenti tessuti dal popolo delle janas con fili d’oro e d’argento» che conduce Ar°r e Lutz’ davanti alle sette porte.

Due libri soprattutto, sembra di avvertire, intricano il lessico di Enedina Sanna in questo racconto: Sos sinnos di Michelangelo Pira e Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni.

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