Jubannedda Piccu la madre del partigiano
Una come tante altre madri che“creschen sor fizos pro sa morte in frore”
di Natalino Piras
Jubannedda Piccu. In basso: Bernardino Ruiu “Mignolo”
5' di lettura
21 Febbraio 2021

Quando lo intervistavamo, tziu Anzelinu Soro di Galtellì, “Renzo” il nome da partigiano, unico cattolico professante e praticante in mezzo ai comunisti del IX Korpus Sloveno che inglobava il Battaglione Triestino d’Assalto, si illuminava in volto se l’argomento cadeva su “Mignolo”: «Balentias ch’a fattu cuss’omine, non bi credites. Non bi credites!». Il partigiano “Mignolo” era Bernardino Ruiu, compagno di battaglia di “Renzo” e altri pitzinnos pastores di Barbagia, Baronia e Sardegna intera, diventati partigianos dopo lo sbandamento seguito all’8 settembre 1943.

Bernadino Ruiu era nato a Orune il 3 marzo 1919 da Giovanna Maria Piccu, classe 1887, il 15 agosto, e da Pietro Agostino, massaju. Avevano avuto quattro figli, Bernardino, Giovanni detto Puddhete, Sebastiano conosciuto come Batalla, e Grazia. Con loro Francesco Attilio nato dal precedente matrimonio di Pietro Agostino che si era sposato con Jubannedda Piccu, il 5 giugno 1910, dopo essere rimasto vedovo.

Jubannedda morirà il 10 ottobre 1974 quando Bernardino non c’era più da molto tempo.

Questa la missiva, datata 21 settembre 1945, che la Questura di Udine fa pervenire a Jubannedda Piccu: «Gentilissima Signora, in risposta alla Vostra lettera vi comunichiamo che Vostro figlio Ruiu Bernardino è deceduto in seguito ad un incidente. La sera del 2 agosto dopo di aver disimpegnato il suo servizio rientrava in caserma portandosi nella sua stanza. Noi dell’ufficio dopo qualche attimo udimmo un colpo d’ama da fuoco. Accorsi sul posto trovammo disteso a terra il corpo di Vostro figlio che riportava una ferita con foro di entrata al lato destro della regione addominale, e con foro di uscita al lato sinistro. La sua pistola fu trovata accanto al suo corpo. Trasportato immediatamente all’ospedale comunale di Palmanova i sanitari del Pio Luogo hanno riscontrato la sua morte immediata. Il giorno 3 sono stati effettuati i suoi funerali con la banda musicale del paese e con l’intervento di molti compagni e cittadini. Al suo funerale vi hanno partecipato tutti gli Agenti di Polizia di questa Sezione e con una rappresentanza armata di un’altra Sezione di Polizia circostante, sono intervenuti pure parecchi suoi compaesani che si sono prestati molto per una magnifica riuscita del funerale stesso. Nel cimitero, al momento della tumulazione, sono state sparate alcune salve per onorare il suo ben noto valore dimostrato specialmente nei momenti più duri della vita partigiana. Ci dispiace dichiararVi che non abbiamo effettuato alcuna fotografia, ma il suo ricordo giammai si cancellerà dalle nostre menti poiché è stato sempre un ottimo compagno ed anche un valoroso combattente, quindi ci uniamo a Voi per la perdita di un sì caro compagno».

Rimiro una foto di Jubannedda Piccu postata su Facebook dalla nipote Giovanna Zidda, figlia di Grazia. Ci vedo passato e presente. Jubannedda Piccu, la madre del partigiano, è qui la madre dell’ucciso. Ne ha la postura, i panni, la condolenza. È una povera madre dell’ucciso come tante altre madri di Barbagia che, canta il poeta, “creschen sor fizos pro sa morte in frore”.

Il partigiano Mignolo è morto anche lui in fiore, a 24 anni. Molto più vasta la tanca in cui cadde di quelle della sua terra di provenienza. Diverse le motivazioni da quelle di tutte le guerre civili della società pastorale. Là, nel lontano Friuli Venezia Giulia, nella verde Slovenia devastata dai nazifascisti, c’era in gioco la libertà di tutti i popoli della terra.

Proveniente da Tobruk, tornato dal disastro della guerra fascista in Africa, Bernardino Ruiu raccoglieva insieme al saveriano padre Usai suoi conterranei di Orune, Bitti, Orgosolo e altri paesi del nuorese, buttati lungo la strada ferrata che da Roma portava al Sud. Lo facevano per conto della repubblica di Salò. Poi Bernardino capì di stare dalla parte sbagliata. Per alterne vicende diventò partigiano. Faceva parte della polizia politica.

Tziu Anzelinu Soro si lasciava vincere dall’emozione quando nominava “Mignolo”, lui che conservava a ricordo una foto con dedica che il compagno di battaglia, a guerra finita, gli aveva mandato di ritorno a Udine dopo un breve viaggio in Sardegna. “Renzo” rammentava l’eroismo e l’audacia di “Mignolo”. Quando ai partigiani venne fatto sapere che l’orgolese Murrette e il dorgalese Piras erano morti in seguito alle ferite riportate in un assalto partigiano all’aeroporto di Ronchi, “Mignolo” esclamò: «I morti non si piangono, si vendicano!». Era il terrore dei tedeschi. Aveva mira infallibile. Una volta freddò tre nazisti, tre colpi di pistola in fronte. I nazisti perquisivano lui e un compagno di Olbia, Mario Farina. Di ritorno da una missione erano entrati in una specie di bar e là furono sorpresi dalla pattuglia tedesca. Mani in alto davanti ai mitra spianati. Frugati dappertutto. Spalle al muro. Ormai segnata la loro sorte. Bastò un attimo di distrazione della pattuglia, voci e chiasso provenienti da una stanza attigua, e “Mignolo” fu fulmineo nel togliere la pistola nascosta dentro uno stivale. Poi scapparono e i tedeschi li inseguirono. Mario Farina cadde colpito a morte. Bernardino Ruiu riposa in terra lontana. Abolite però tutte le lontananze, continua a vegliarlo sua madre, Jubannedda Piccu, la madre del partigiano.

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