Fama e gesta del picaro baroniese Jacu Taula
I magnifici sette, personaggi immaginari presi dalla realtà/1
di Natalino Piras
Abigei nella notte, incisione di Antoni Peppe Piras
5' di lettura
28 Ottobre 2023

Taula in sardo ha molti significati tra di loro coincidenti ma pure lontani. Taula ‘e pedes sono i piedi grandi. Taula ‘e icu morisca sta per le pale spinose dei fichi d’india. In sa taula ‘e cochere, tonda, venivano stese sas paneddas e poi infornate. Cambiando di significato, a fracu ‘e taula, odore di cassa da morto, erano gente vecchia, consumati dal male, in articulo mortis.                                                      

Taula era pure nomen omen. Giacu o Jacu Taula, sostiene una nostra vulgata, persona di presunta furbizia e di consistente stoltezza, contadino senza essere bonu massaiu, si era dato alla macchia senza aver commesso alcuna colpa, senza che nessuna legge l’avesse condannato. Da bandito avrebbe potuto trovare posto nelle storie di fama. Dice sempre la vulgata: essinne son sar famas de Jacu Taula. Narrano che lo dicesse lui stesso per vanto, senza rendersi conto che gli altri lo dicevano per le sue gesta al contrario. Sar famas de Jacu Taula sono storie di burla, di remissione e sottomissione alla prepotenza, la voce grossa fatta per mascherare una forte paura. 

Jacu Taula banditava per canneti, siepi basse, orti e campi di angurie e meloni. Né Supramonte né Serra. I luoghi delle sue gesta erano il circondario baroniese che ha Loculi, Irgoli, Onifai, Galtellì come punti cardinali, con estensioni sino a Siniscola e Orosei. Chi sa se Jacu Taula era armato, se sapesse usare un fucile o una pistola, un coltello, una scure, un pennato. Vestiva cose logore e stracciate. A testa nuda, né berritta né gambales né iscarpones mastrinos. Camicia chi sa se mai era stata candida e carzones ruvidi. 

Una volta, dice sempre la vulgata, faceva notte e Jacu Taula andò a nascondersi in un campo d’angurie malamente illuminato dalla luna. Scese dalla montagna un bardaneri, un bandito vero. Intravide il campo. Aveva fame e sete. Entrò e camminò lungo uno dei filari dove le angurie stavano a regolare distanza l’una dall’altra. Il bandito si fermò abbassandosi su una bella anguria che sporgeva vistosa dal terreno. Era la testa di Jacu Taula. Chi sa come era riuscito a stendersi, a infossarsi, a intupparsi. Il bandito rimirò l’anguria e una lama di coltellaccio balenò nella notte. Prima però, a parpu, cercava il punto giusto dove tagliare e prima ancora dove intaccare per capire, tolto un tappo, se il frutto fosse maturo. A quel punto l’anguria si mise a parlare. Da terra salì una voce di tremore e terrore mascherata da tono imperioso: «Tocca ma no’ intacches» si dice che abbia detto, come in cantilena, il bandito falso a quello vero.  

In scrittura, il nome di Jacu Taula lo si trova in Storie e testimonianze di vita barbaricina, primo libro della riedizione dell’opera omnia di monsignor Raimondo Calvisi, nel racconto Il responso di Pottòi. Giacu Taula è marito di Pottòi Biada «quella che trovava un rimedio per ogni male, che scopriva i nomi dei nemici occulti e forniva esorcismi e fatture sia per “sciogliere” dal maleficio sia per “legare” col maleficio». Così si presenta il personaggio a Bachis sceso dalla montagna in Baronia a impetrare favorevole responso: «L’indomani nell’ora stabilita, Bachis bussò alla porta di Pottòi Biada. Gli aprì Giacu Taula, marito di Pottòi, soprannominato Vulcanu per la sua zoppaggine; e senza parlare lo introdusse nella stanza a pian terreno dove la maga riceveva i visitatori». Pure Vulcanu è soprannome giusto per Giacu Taula, funzionale alla descrizione del contesto. «Pottòi se ne stava lì in silenzio, seduta vicino al camino spento, con la testa reclinata sul petto e le mani incrociate attorno alle ginocchia. Non si mosse finché Vulcanu non ebbe vuotata la bisaccia di Bachis che l’aveva portata piena di ogni ben di Dio». Il lavoro della maga deve essere debitamente remunerato. Vulcanu- Giacu Taula sostiene in tutto la moglie, in concretezza e in spirito. «Mentre Bachis stava già per perdere la pazienza anche lui, si sentì un lungo gemito che pareva uscire non dal petto di Pottòi ma dal pavimento, seguito a breve distanza da un secondo e poi da un ultimo più lungo e lamentoso. La donna stramazzò al suolo, come se qualcuno l’avesse spinta con tutta la forza. Bachis fece l’atto di alzarsi per soccorrerla, ma Vulcanu lo paralizzò con un gesto imperioso, dicendogli sottovoce: “Sta fermo, perché ora parleranno”». Si riferisce agli spiriti evocati.

La fama di Jacu Taula, ripreso il suo vero nome, è ricca di molti altri episodi attinenti alla landa desolata e al basso corporeo.
Per lui, persona alla macchia, nessuna struggente passione come per il gallurese Antuneddu, protagonista di un famoso canto a chiterra, alla corsicana: Antuneddu me’ Antuneddu, tottu lu mundu ti lagna, meddu moltu ti ‘ulìa, che banditu a la campagna. Jacu Taula, pure personaggio deleddiano, da Canne al vento, sta in molta letteratura picara.

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--