Parole in movimento, a proposito di diritto
Tante parole nella letteratura latina richiamano l’ambito delle leggi e della cittadinanza
di IV C Liceo Classico Nuoro
4' di lettura
7 Gennaio 2024

La lingua italiana, essendo una lingua neolatina, presenta diversi termini latini che si sono conservati nel tempo. Parliamo di “parole in movimento”, cioè parole che hanno viaggiato nel corso dei secoli fino a giungere a noi. Molte di queste le troviamo nell’ ambito giuridico, poiché il diritto italiano è fondato su quello dell’antica Roma. I testi della letteratura latina sono ricchi di parole che richiamano proprio l’ambito del diritto, delle leggi e della cittadinanza, a sottolineare l’importanza che la sfera legislativa aveva per i Romani. Indichiamo di seguito alcuni termini che ancora oggi mantengono intatto il loro significato profondo. Partiamo dalla parola “Iustitia”: essa contiene la parola “ius“, letteralmente il diritto come insieme di leggi, ordini e consuetudini che stabilisce ciò che è permesso o vietato, regola i rapporti tra i cittadini in vista della “Communi utilitate”

e possiamo facilmente capire come essa sia fondamentale per garantire il corretto funzionamento di una “societas”. La parola si traduce come “giustizia”, ma anche come “equità”. “Ius” è il diritto, l’insieme delle leggi, può essere ius naturale, corrispondente alla recta ratio, e ius gentium, o diritto positivo, il quale mira al raggiungimento della coesione sociale e all’eliminazione degli scontri, si trova alla base della giustizia ed è fondamentale “ut non liceat sui commodi causa nocere alteri”, “cosicchè non sia permesso nuocere ad un altro per il proprio vantaggio. 

Proseguiamo con il termine “Civitas”: deriva da “civis”, “cittadino o cittadina”; viene utilizzato per indicare il diritto di cittadinanza, che, ieri come oggi, permette agli uomini di godere di diritti e doveri. Essere cittadino romano significava anche far parte di una comunità che ti riconosceva come suo membro dignitoso, capace di rispettare una serie di comportamenti basati sul codice del “mos maiorum”. 

Di grande rilevanza il termine “Societas”: contiene la parola e l’aggettivo “socius”, che significa “compagno” ma anche “unito, in comune”; indica una società, un legame di unione e comunanza, un insieme di “cives” che costituivano lo Stato, spesso disposti secondo un ordine gerarchico. Naturalmente, alla base della “societas” stava la “communitas”, cioè la necessità di una “comunanza” che rendeva possibile l’esistenza di una “società”,  la convivenza di più persone all’interno di una stessa comunità, concetto espresso anche dall’aggettivo “communis”, “che appartiene a parecchi, pubblico”. La “communitas” era considerata come una forma di aggregazione naturale per l’uomo, fondata sulla “Coniunctionem civium” ovvero sul “consensus” nel significato di accordo, armonia. La parola stessa può essere tradotta come “comunanza”, “socievolezza”, ma anche “affabilità”, dunque una condizione di concordia tra le persone. Il contesto della “societas” viene definito da Seneca come “una volta di pietre” ognuna delle quali è intrinsecamente legata alle altre per cui se anche solo una crollasse crollerebbe l’intera struttura e di conseguenza l’intero equilibrio.

Non possiamo dimenticare in questa breve rassegna il termine “Lex, ovvero legge, regola, che Cicerone definisce una, sempiterna et immutabilis, una sola, eterna ed immutabile, capace di tenere insieme tutte le genti e in ogni tempo.

Dopo un attento esame, possiamo quindi accorgerci di quanto, seppur modificate, queste parole siano attuali, e costituiscano, oggi, la base della nostra legislazione.


A cura degli alunni della classe IV C: Chiara Concu,  Lucianna Delogu, Maria Grazia Rita Goddi, Beatrice Loi,  Lucia Tola, Yuliana Usai 
Coordinamento didattico Venturella Frogheri

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