A proposito di progresso
di IV C Liceo Classico Nuoro
Pellegrino Tibaldi, Ulisse acceca Polifemo (1549 e il 1551), collezione Palazzo Poggi, Bologna (photo by Wikipedia)
8' di lettura
13 Settembre 2023

Si sente spesso dire che in questi ultimi anni l’umanità ha fatto dei grandi progressi; si, ma cos’è il progresso? L’etimologia della parola ci porta alle radici latine. La parola “progresso” deriva dal verbo latino “progredi”, composto da pro, che indica un movimento in avanti, e gradi, che significa “andare” o “camminare”. Il concetto di progredi nella lingua latina era associato all’idea di avanzare, procedere o fare passi in avanti. Il concetto di progresso è quindi strettamente legato all’idea di miglioramento, sviluppo e avanzamento, sia a livello individuale che collettivo. Nell’ambito del progresso sociale, può essere associato a miglioramenti nella scienza, nella tecnologia, nella società, nell’economia e in altri settori della vita umana. Il termine si è diffuso poi nelle varie lingue, assumendo, prevalentemente, una accezione positiva. L’accezione negativa è presente tuttavia in inglese ma anche in italiano (una malattia può progredire). In greco antico, invece, non esisteva un termine specifico corrispondente a progresso come lo intendiamo oggi. Tuttavia, esistevano concetti correlati che esprimevano l’idea di avanzamento o sviluppo: ad esempio, la parola greca προκοπή (prokopḗ) significa “avanzamento” o “progresso”. Questo termine deriva dal verbo προκόπτω (prokóptō), che significa “andare avanti” o “fare progressi”. Tuttavia, è importante notare che il termine προκοπή non è comunemente utilizzato nel contesto moderno per indicare il concetto di progresso. In greco antico, c’erano anche altre parole che esprimevano l’idea di avanzamento o miglioramento, come ἐπέκεινα (epékeina) che significa “oltrepassare” o “andare oltre”, o εὐδαιμονία (eudaimonía) che si riferisce a uno stato di benessere o prosperità. Ciò ci invita a considerare il progresso come un processo dinamico e continuo, che coinvolge l’innovazione, la scoperta e la crescita personale e collettiva, il superamento dei limiti. 

Il concetto di progresso è stato declinato in termini diversi da vari autori. Il poeta latino Lucrezio nel De rerum natura esalta la conoscenza scientifica come capacità di comprendere le leggi che governano il mondo e strumento per raggiungere una vita migliore e più felice, considerando il progresso dell’umanità come una liberazione dalla paura degli dei e dalla superstizione. Il pensatore Cicerone riconduce il progresso al concetto di virtus capace di apportare vantaggio all’azione politica e al bene comune. Lo storico greco Tucidide sostiene che il progresso umano sia guidato da forze come l’ambizione, l’interesse personale e il desiderio di potere, considerando la storia come caratterizzata da un susseguirsi di conflitti e guerre, ed associando il progresso all’espansione territoriale e al dominio militare. Celebre il verso del tragediografo greco Sofocle nell’opera Antigone: «Molte meraviglie vi sono al mondo, nessuna meraviglia è pari all’uomo». È l’uomo pieno di ingegno che ha appreso la parola e il pensiero, è stato capace di passare da una condizione ferina e selvaggio ad uno status di civiltà, ha imparato a mettersi al riparo trovando rimedio a mali irrimediabili, e divenuto padrone assoluto dei sottili segreti della tecnica, può fare il male quanto il bene. L’ingegno è stato quindi il mezzo che ha permesso all’uomo di varcare le barriere del timore, di modellarsi ed adattarsi a tutte le situazioni. È il concetto di δεινότης, ossia l’abilità accorta dell’uomo, che comporta lo sviluppo in campo tecnico; l’acquisizione della tecnica però non evidenzia un progresso in campo morale, tant’è vero che lo stesso termine significa anche “terribile”. In Sofocle, dunque, l’equazione progresso = positivo sviluppo non risulta sempre vera.  

Le riflessioni offerte dai classici ci invitano a interrogarci sulle nostre definizioni e percezioni individuali e collettive del progresso, sulla direzione che vogliamo dare al nostro cammino e sulle implicazioni etiche e sociali che esso comporta. I Latini con progressum facevano riferimento all’avanzare ma pure all’andare oltre, quasi a ricordare costantemente il proprio limite, oltre il quale non resta che l’inesorabile caduta. Risulta evidente il radicale cambiamento che ha subito il nostro mondo da quello degli antichi greci e latini, ma tale cambiamento sarà forse progresso o semplice cambiamento di opinione? Allora “progresso” evidenzia soltanto lo scorrere del tempo, il quale è mutevole e mai fermo, poiché da presente diventa passato nell’attimo stesso in cui esiste. 

Dovremmo chiederci se la nostra società stia progredendo, e quando ci si ritrova davanti a un burrone nero non sia forse opportuno tornare indietro e ripercorrere i propri passi. L’entusiasmo è alla base di tutti i progressi, la voglia di migliorare e migliorarsi è il fuoco che arde da sempre nella storia della nostra specie. Il tragediografo greco Eschilo (e ancora prima Esiodo nella Teogonia) lo sapeva bene, e proprio per questo ha voluto che “il suo” Prometeo sfidasse Zeus per donare il fuoco agli uomini, compiendo così quell’atto di hybris che nessun figlio della paura e dell’indifferenza avrebbe mai tentato. Il titano rubò il fuoco per gli uomini, affinché essi, creature fragili ma intelligenti, potessero sopravvivere in questo mondo troppo duro per loro. Alla base di quest’atto di generoso slancio verso il genere umano non c’è irrazionalità, bensì pura volontà di provare a cambiare le cose, sacrificando sé stessi per un bene incalcolabile. Noi oggi non ci ritroviamo più in un Prometeo moderno, in un eroe trasgressivo che possa dire con fierezza «portando aiuto ai mortali mi procurai dolori». Zeus punisce quest’impresa non per essere stato disubbidito, ma perché vuole e desidera eliminare il genere umano: se esso non è capace di stare al mondo e convivere con la propria condizione, se non è in grado di apprezzare ciò di cui è in possesso e vuole sconfinare oltre il limite impostogli, è forse meglio che muoia per sempre. Oggi l’uomo vuole sempre di più pur non riuscendo ad affrontare la normale con serenità la vita di tutti i giorni… già i Greci lo avevano capito. Il nostro non è progresso.  

Sembra che l’incontro-scontro fra la nostra epoca e quelle precedenti, il quale è costitutivo del progresso, risulti come il conflitto epico tra Odisseo e Polifemo: Odisseo, eroe πολύτροπο”, campione di ingegno (esaltato da Dante nel celebre verso «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza»), multiforme, è orgoglioso della propria vittoria, nonostante la morte di numerosi compagni durante il processo. La sua curiosità si è spinta oltre, fin tanto da superare il confine posto dall’assennatezza: l’eroe vuole che questa impresa gli sia riconosciuta, e lo fa deridendo oltremodo il ciclope sconfitto. L’egoismo di Odisseo, vera ragione che lo ha spinto a tanto, non fa altro se non attirare la “maledizione divina” inviatagli da Polifemo e la successiva creazione di un nemico per la vita. Il “progresso”, dettato dal nostro egoismo, ha creato anch’esso un nemico per la vita, la natura, dell’uomo e del nostro pianeta.

Oggi siamo i figli di un progresso tecnologico, sempre più dipendenti da qualcosa che pensiamo di saper controllare ma che in realtà ci sta portando via anche quel briciolo di umanità che è rimasta in noi; rischia di spegnere anche la più flebile motivazione di volersi cimentare in qualsiasi cosa portandoci a vivere la vita in modo passivo, senza colori, emozioni.

La preziosa eredità culturale greco-latina continua ad ispirare e stimolare il dibattito sul significato e l’importanza del progresso nella nostra società contemporanea, testimoniando l’eterna rilevanza di queste idee fondamentali nel nostro percorso verso un futuro migliore.


A cura degli alunni della classe IV C del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Luca Acciaro, Agnese Balloi, Magda Bziuoid, Angela Cerullo, Silvia Denti, Ferruccio Ferrandu, Matteo Floris, Maria Fronteddu, Aurora Medde, Carola Pira, Giulia Siotto, Silvia Spanu 
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

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