A proposito di “Otium”
di III B Liceo Classico Nuoro
Donna con tavolette cerate e stilo, 55-79 d.C, Napoli, Museo Archeologico Nazionale
4' di lettura
25 Gennaio 2023

Il termine italiano “ozio” deriva da quello latino otium e mentre il primo indica un’ astensione dalle attività utili, per un determinato periodo, dovuta a un’ indole pigra,  il secondo indicava nell’ antica Roma uno dei valori più importanti dal punto di vista culturale, rappresentava infatti  tutto ciò che era lontano dall’attività pubblica, quindi era la cura di sé stessi e del proprio sapere, il dedicarsi allo studio e all’attività legata alla speculazione intellettuale, il tempo da spendere per avviare un percorso di maturazione personale, uno spazio dedicato alla propria persona in modo libero. Era usato in contrapposizione con negotium, che invece indicava la vita pubblica dei cittadini, gli affari commerciali, l’attività e l’occupazione economica, il tempo da dedicare agli impegni legati alla comunità. Il termine otium inoltre aveva un suo corrispondente in Greco, con la parola σχολή (scholé), che indicava il tempo libero, più specificatamente in riferimento ai giovani, i quali, lontani dalle fatiche  del lavoro e degli impegni feriali, si dedicavano alle cose amate: la cura di sé, la ricerca della saggezza, la contemplazione, lo studio, il  comporre e l’espressione dei moti del proprio animo, la crescita, il miglioramento in senso intellettuale e spirituale. Il termine otium col passare del tempo è stato investito da una connotazione negativa, difatti oggi giorno viene utilizzato per indicare il “dolce far nulla”, l’inoperosità e l’inattività, che non portano alla crescita personale ma alla dissolutezza. Infatti da questa accezione negativa è nato il celebre detto “l’ozio è il padre dei vizi”. Invece per i Romani era un importante momento da dedicare alla propria anima e in questo senso fu considerato da molti il “padre” della filosofia.  Dal momento che conferiva sapienza e saggezza, l’otium era una vera e propria virtù; bisogna però precisare che l’otium era un privilegio delle classi aristocratiche e delle più alte cariche politiche, mentre per gli schiavi e per le persone più povere era possibile occuparsi solo del lavoro manuale. L’otium iniziò ad avere significato dispregiativo nel Medioevo, con l’avvento dei nuovi pensatori cristiani: a meno che non venisse speso per la sola meditazione religiosa, esso passò a costituire una colpa grave, l’accidia, ovvero uno dei sette peccati capitali, che consiste nell’improduttività, nell’immobilità di fronte ai propri doveri, e che sfocia in un atteggiamento di noia e malinconia tale da distogliere dalla vita contemplativa. È dunque legato al pensiero cristiano il fatto che l’otium sia arrivato sino a noi con il significato di inattività e sia passato dall’indicare una virtù intellettuale a rappresentare un vizio. Se per Cicerone otium e negotium dovrebbero essere alternati nella vita di tutti i giorni, ed è necessario che, dopo aver svolto i compiti pubblici, ci si concentri sulla propria crescita personale e, di conseguenza, culturale, secondo il poeta Orazio l’otium “è la sola via che conduce alla felicità”, quindi può essere inteso come un estraniarsi dal mondo intero e dalle faccende quotidiane per trovare la tranquillità interiore. (1. Continua)


A cura degli alunni della classe III B del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Nicola Alpigiano, Francesca Capurso, Fabiola Carta, Beatrice Delpiano, Stefano Deriu, Marta Dessena, Emma Gaias,  Rosella Fronteddu, Giuseppe Obinu, Emanuele Pinna, Marisa Piras, Pasquina Salis, Angelica Zanda. 
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--