Una luce nella notte
Commento al Vangelo del 25 dicembre 2023 - Natale del Signore (Messa della Notte)
di Andrea Biancu
Henry Ossawa Tanner, Annuncio dell’angelo ai pastori (1910 ca) Smithsonian American Art Museum
3' di lettura
24 Dicembre 2023

L’evangelista Luca, secondo la tradizione, è considerato un pittore: il secondo capitolo (del quale leggiamo alcuni versetti nella Messa della notte di Natale) possiamo considerarlo come un quadro, una descrizione della Natività da guardare con stupore e che è diventata, da otto secoli, il presepe che ci accompagna in queste settimane. 

La scena inizia dai grandi della terra, coloro che detengono il potere politico e religioso ma stanno fuori dalla cornice di questo quadro ideale: l’obiettivo del pittore Luca è scendere gradualmente nel dettaglio, focalizzare una scena sconosciuta e quasi non degna di particolare menzione.

Il racconto situa l’evento della nascita di Gesù nella notte: questa non è una precisazione insignificante, perché è solo nel buio che prende senso la luce sfolgorante dell’angelo che indica ai pastori la strada per trovare il Salvatore. Ci viene chiesto di entrare nella notte: per capire l’importanza della luce occorre camminare nelle tenebre, farsi guidare da una voce che diventa canto, melodia che persuade a non fermarsi a guardare il cielo oscuro con le stelle lontane ma iniziare a cercare. L’angelo della notte di Natale, indicando la presenza fra gli uomini di Colui che dà vita e gioia, chiama i pastori a fare un’esperienza personale di ciò che è stato annunciato. È necessario infatti incamminarsi, così da “vedere” ciò che il Signore ha fatto conoscere (cfr Lc 2,15).

I potenti, seduti sui loro troni, attendono che siano gli altri a ricorrere a loro e ai favori che possono concedere. Il Bambino di Betlemme siede sul trono dell’umiltà, su quel legno della mangiatoia che anticipa profeticamente quello della croce. Il legno tenero della culla e quello duro della croce vanno tenuti sempre insieme: come nella vita di Cristo, anche nella nostra vita avviene questo necessario passaggio e non una volta soltanto. 

Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Lc2,7). Tra le pennellate dell’evangelista Luca ce n’è una che possiamo intuire: la prima a contemplare quel Bambino è Maria. Jean-Paul Sartre, scrittore francese e filosofo ateo, nel testo Bariona o il figlio del tuono (composto in un lager nazista nel Natale 1944) in un passaggio del suo Racconto di Natale per cristiani e non credenti interpreta con le seguenti parole lo sguardo materno della Madonna. «Maria lo guarda e pensa: Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e la forma della sua bocca è la mia. È Dio e mi assomiglia! Nessuna donna ha avuto il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive».


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