Il dono che porta frutto
Commento al Vangelo di domenica 17 marzo 2024 - V Domenica di Quaresima - Anno B
di Andrea Biancu
3' di lettura
16 Marzo 2024

Il passo evangelico di questa quinta domenica è adatto per introdurci agli ultimi giorni del tempo quaresimale che precedono la Settimana Santa, dove i nostri occhi si volgeranno in particolare a Gesù nel mistero della sua passione e della sua croce. «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12, 21) è la domanda dei pellegrini Greci saliti a Gerusalemme per la festa di Pasqua: forse da parte loro c’è solo curiosità, avevano sentito parlare di lui e desiderano incontrarlo di persona. C’è la volontà di scorgere il suo volto: il verbo “vedere” nel vangelo di Giovanni significa “conoscere, credere, entrare nel mistero”. Gesù risponde a questa richiesta con due immagini: per conoscere veramente lui devono guardare al chicco di grano e alla croce, lì troveranno la sua vera identità.

Il chicco di grano Il vero volto di Gesù si trova nella breve e splendida storia del chicco di grano che, morendo, produce molto frutto: quel granello, così piccolo e inerte, in realtà è uno scrigno di vita, in esso c’è un’energia vitale che attende il momento opportuno per manifestarsi in una forma nuova. Il verbo principale di questo versetto non è “morire” ma “produrre”: ciò che a prima vista appare come “solitudine” diventa “comunione” e quindi vita. Gesù sperimenterà quella solitudine nel Getsemani, che traspare dalle sue parole che anticipano quel momento: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12, 27). Gesù sa bene che scegliere la logica della comunione ha un prezzo e questo è la sua morte.

La croce Gesù parla della croce come gloria («È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato […] Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”» Gv 12, 23.28): per il lettore di ogni epoca sembra assurdo definirla in questo modo, la croce si può anche capire ma sappiamo bene che non è facile accettarla. Per Gesù la croce è promessa di vita: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25). Il Papa, in un’omelia del Giovedì Santo, ha detto: «Perché il Signore ha abbracciato la croce in tutta la sua integrità? Perché Gesù ha abbracciato la passione intera? […] Quando è venuta la sua ora, Egli ha abbracciato la croce intera. Perché nella croce non c’è ambiguità! La croce non si negozia!». Pensiamo a quando abbiamo rifiutato o nascosto la croce: dopo ci siamo accorti che non c’è amore e non c’è vita vera nella solitudine del salvarsi da soli, ma nel dono che «produce molto frutto» (Gv 12, 24).


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