Parola che vivifica e trasforma
Commento al Vangelo di domenica 28 gennaio 2024 - IV Domenica del Tempo ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
La sinagoga di Cafarnao
4' di lettura
26 Gennaio 2024

Gesù entra a Cafarnao, una piccola cittadina situata a nord del mare di Galilea, un luogo di passaggi commerciali. È una città con gente composita, scelta da Gesù come “residenza” in cui lui e la comunità dei primi discepoli potevano sostare. Dopo l’esperienza del deserto (cfr Mc 1,12-13) Gesù sceglie di abitare e condividere la realtà quotidiana partendo non da Gerusalemme, dal centro politico e religioso, ma dalla “periferia” (espressione che spesso ritroviamo nei discorsi di Papa Francesco) privilegiando coloro che sono considerati i più lontani. 

Nella periferia c’è sempre un luogo dove Dio è presente e questo è la comunità che si raduna nel suo nome: ecco perché il luogo scelto per il primo incontro pubblico è la sinagoga (non solo come costruzione materiale). L’evangelista Marco non ci consegna un discorso articolato ma si evidenzia solo il verbo “insegnava” e in tutto il Vangelo lo attribuisce a Gesù per sedici volte. È un verbo all’imperfetto, quindi un’azione che si prolunga, non limitata soltanto ad un momento. Qual è il contenuto? È la sua stessa persona: il contenuto lo conoscono già i primi discepoli che aveva chiamato mentre lavoravano come pescatori e hanno appena iniziato a percorrere la strada con lui. Il contenuto dell’insegnamento parte dall’esperienza, solo così lo si può comprendere nella sua interezza.

«Erano stupiti del suo insegnamento» (Mc 1,22): se manca il contenuto dell’insegnamento, non manca la reazione che esso produce. La Parola del Maestro si impone da sé, ha una forza capace di sprigionare luce per l’intelligenza, calore per il cuore e vigore per la vita quotidiana: è una Parola potente, capace di trasformare. Chi l’ascolta ne comprende già l’effetto dentro di sé: non è retorica, una parola vuota che scivola e non penetra in profondità nell’animo, ma Parola che vivifica.

La Parola, prima di operare una trasformazione, mette in luce quella che a prima vista può sembrare una contraddizione: un uomo posseduto frequentava un luogo di preghiera. Questo ci ricorda che non esiste uno spazio (anche sacro) che ci rende buoni o cattivi e perciò la prima trasformazione operata da questa Parola avviene nel profondo di quest’uomo che viene privato di una parola di ribellione: «Taci! Esci da lui» (Mc 1,25). Quando siamo colpiti nel profondo possiamo provare vergogna oppure ribellarci a chi mette in luce i nostri lati oscuri: forse quello è il momento in cui inizia la nostra liberazione, che non è un passaggio facile, come è avvenuto in quella sinagoga quando «lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui» (Mc 1,26).

L’uomo impuro ha fatto una professione di fede: «Io so chi tu sei: il santo di Dio!» (Mc 1,24) ma viene messo a tacere perché quella è una proclamazione senza adesione sincera, senza un cammino di sequela, senza una vera relazione. La verità va accompagnata dalla carità ma il diavolo (che rifiuta la carità) può solo affermarla manipolandola per i propri scopi e non vivendola in modo autentico.

Ha scritto Sant’Agostino: «Le menzogne sono da schivarsi per amore della verità, sono da imbrigliarsi con la rete della verità, sono da uccidersi con le armi della verità» (Contro la menzogna 6.12) Chi vive nella menzogna, manipolando le parole, non può pretendere di custodire la verità!


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