Pasqua, un evento che trasforma la storia
Commento al Vangelo di domenica 17 aprile 2022 - Pasqua di Resurrezione
di Michele Casula
Risorto, illustrazione © Derek Payne
5' di lettura
23 Aprile 2022

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” È la domanda che le donne sentono dall’angelo, e che viene rivolta a gran parte dell’umanità, ma anche a molti cristiani. Anche se nella notte di Pasqua in tutto il mondo risuonano a festa le campane per darci l’annunzio della risurrezione, Cristo per molti rimane ancora nella tomba. Ci si augura buona Pasqua senza capire il senso profondo di questo augurio. Augurarsi buona Pasqua significa: gioisci, Cristo è risorto, ti auguro che risorga anche tu. Se non viviamo nel suo significato la Pasqua, rischiamo di farla diventare solo una festa, dove l’unico assente è proprio Colui che dà senso a questa festa: Cristo Risorto. Siamo chiamati a vivere l’esperienza dei discepoli e delle donne in quella mattina di Pasqua. Le donne, arrivate al sepolcro, si chiedono il perché di quella pietra rotolata. Ci ricorda mons. Tonino Bello: «Pasqua è la festa dei macigni rotolati. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuna col suo sigillo di morte».

Un altro aspetto importante che risalta dai racconti della Pasqua sono le corse verso e dal sepolcro, la corsa di Pietro, di Giovanni, la corsa delle donne che tornano a raccontare piene di emozione e stupore ciò che avevano sperimentato, la corsa dei discepoli di Emmaus che, col cuore gonfio di emozione, ritornano indietro per annunciare che avevano incontrato Cristo Vivo. Sono giorni di delusione, di frenesia, di paure, di stupore, di emozioni, di corse ansimanti perché ciò che si ha dentro fa scoppiare il cuore e non si vede l’ora di raccontarlo ai fratelli. La nostra Pasqua spesso è piatta, monotona, ritualistica, precetto da assolvere e non ci riscalda il cuore e non riscaldiamo il cuore del fratello, al quale, al massimo diciamo “sono andato a messa, ho fatto il precetto”. Mi scuseranno i maestri della fede, ma per me è davvero limitante far diventare la Pasqua un precetto, un obbligo da assolvere, anche se quell’indicazione è un richiamo per farci capire l’importanza e la centralità della Pasqua. La Pasqua deve stupirci, sconvolgerci, dare una forte emozione spirituale che porta alla testimonianza, come è stato per gli apostoli: «Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme». La Pasqua deve far rotolare dal cuore i macigni dell’indifferenza, del relativismo, dell’autosufficienza, della chiusura all’incontro autentico con Cristo, che ci impediscono di “cercare le cose di lassù”. Lo ricorda San Paolo: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra ». Se davvero ciò che è avvenuto nella vita dei discepoli e delle donne, avviene anche nella nostra vita, allora quel “Buona Pasqua” diventa vero, diventa un augurio di conversione, di rinascita, di strade nuove di vita. La Pasqua abilita il cristiano ad essere anche lui risorto, testimone della gioia, l’uomo che porta luce dove c’è tenebra.
Lasciamoci invadere dalla luce della Pasqua, rendiamo la nostra vita e le nostre comunità trasparenza della presenza di Dio nella storia. Portiamo in un mondo, dove tanti macigni impediscono alla vita di trionfare, l’annuncio sconvolgente della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

Concludo porgendo a tutti i lettori il mio augurio di Buona Pasqua con le parole di Papa Francesco, in un anno offuscato dal dramma della guerra. «“Pace a voi!”: è il saluto che Cristo porta ai suoi discepoli; è la stessa pace, che attendono gli uomini del nostro tempo. Non è una pace negoziata, non è la sospensione di qualcosa che non va: è la sua pace, la pace che proviene dal cuore del Risorto, la pace che ha vinto il peccato, la morte e la paura. È la pace che non divide, ma unisce; è la pace che non lascia soli, ma ci fa sentire accolti e amati; è la pace che permane nel dolore e fa fiorire la speranza. Questa pace, come nel giorno di Pasqua, nasce e rinasce sempre dal perdono di Dio, che toglie l’inquietudine dal cuore. Essere portatrice della sua pace: questa è la missione affidata alla Chiesa il giorno di Pasqua. Siamo nati in Cristo come strumenti di riconciliazione, per portare a tutti il perdono del Padre, per rivelare il suo volto di solo amore nei segni della misericordia».

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