La divisione e lo Spirito
Commento al vangelo di domenica 9 giugno 2024 - X Domenica del Tempo Ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
Julius Schnorr von Carolsfeld, Gesù scaccia i demoni (in Die Bibel in Bildern, Georg Wigands, Leipzig 1860)
4' di lettura
9 Giugno 2024

In questa domenica si riprende la lettura continua del Vangelo di Marco a partire dal capitolo 3, ciò che segue la chiamata dei Dodici avvenuta sul monte. Gesù si sposta dentro una casa, entra nella quotidianità circondato dalla folla che gli impedisce di mangiare con gli apostoli. La pagina ci presenta un duplice fraintendimento di Gesù e della sua opera: da parte dei “lontani”, gli scribi di Gerusalemme, ma anche da parte dei “vicini” che lo considerano «fuori di sé» (Mc 3, 21).

Il fraintendimento è frutto dell’abitudine a fare paradigma di sé stessi, a leggere la realtà a partire dalla propria scala di valori, principi, bisogni. Per i parenti Gesù è uno che ha necessità di essere preso e riportato all’interno di un contesto familiare, sta creando problemi con i suoi modi di fare e i suoi insegnamenti. Per gli scribi è un indemoniato: la loro valutazione negativa diventa una calunnia che Gesù respinge con un’osservazione che diventa una parabola. Non è una risposta piena di risentimento, come una rivalsa su ciò di cui lo accusano, ma un modo per convincere coloro che conoscono le “parole di Dio” a riflettere maggiormente e a penetrarne gli aspetti più nascosti.

«Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi» (Mc 3, 24-25). L’accusa mossa a Gesù è quella di essere il capo dei demoni, colui che divide. In realtà siamo noi i “divisi”: se abbiamo il coraggio di entrare dentro la nostra anima, tra le pieghe dell’esistenza e guardarci allo specchio, scorgendo il nostro vero volto, dando un nome alle zone d’ombra, arriveremo a individuare che la nostra insoddisfazione ha proprio come nome “divisione”. Le spaccature che feriscono qualsiasi comunità umana nascono da una divisione interiore di cui spesso non siamo consapevoli. Se vogliamo ripristinare l’unità e la comunione dobbiamo iniziare da noi stessi, non possiamo sempre accusare gli altri di essere causa della divisione, proiettando su di loro le nostre lacerazioni interiori. 

La bestemmia imperdonabile consiste nel giudicare Gesù posseduto da uno spirito immondo, invece che dallo Spirito di Dio: è l’accecamento totale del cuore di chi non comprende e pretende di essere dalla parte giusta. Siamo chiamati a riconoscere che il solo peccato imperdonabile è quello di confondere il bene con il male, non lasciarsi plasmare dall’azione di Dio. 

«In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna» (Mc 3, 28-29). Fa riferimento a questi versetti un passo del Catechismo della Chiesa Cattolica che rende più comprensibile l’insegnamento evangelico: «La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo» (CCC 1864). Se mettiamo un limite alla misericordia di Dio è perché continuiamo ad essere divisi interiormente, tirati da una parte all’altra dai tanti sbagli che ci accompagnano. Forse sarà utile conservare nella mente una frase semplice e profonda del santo Curato d’Ars che ci aiuterà a rileggerci dentro: «I nostri errori sono granelli di sabbia accanto alla grande montagna della misericordia di Dio».


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