Chiamati ad un amore più grande
Commento al Vangelo di domenica 19 febbraio 2023 - VII Domenica del Tempo ordinario - Anno A
di Michele Pittalis
4' di lettura
16 Febbraio 2023

Il Signore «è buono e grande nell’amore». Solo partendo da un’autentica e personale esperienza dell’amore di Dio, che trasforma, riempie, consola e fortifica, è possibile comprendere le parole di Gesù nel Vangelo, per non ridurle ad un’impossibile realtà, un’utopia lontana dalla nostra vita concreta e inconciliabile con ciò che la normale mentalità umana ci propugna. Già San Paolo afferma che lo Spirito di Dio abita in noi, noi siamo tempio di Dio. L’amore stesso di Dio è riversato nei nostri cuori. Questo amore non ha limiti, né può averne. Non ha ragione di esistere un amore “calcolato”, “a misura”, un amore “dosato”, che seleziona chi è “degno” di essere amato e chi no.
Non può esistere, perché semplicemente non è amore. Troppo spesso amiamo più con la mente che col cuore, soffocando l’amore all’interno di recinti e condizioni, e dimentichiamo che l’amore è vero solo quando spinge al dono di sé, quando paghiamo di persona, quando diamo la nostra vita. Basta guardare al Crocifisso per comprenderlo. Le parole del Libro del Levitico, fanno da introduzione al discorso evangelico.
«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo»: sulla base di questa affermazione, che Matteo riprenderà nel Vangelo riguardo alla perfezione del discepolo, il Levitico ci dà due indicazioni fondamentali. Da una parte il non covare rancore od odio nel cuore verso il prossimo; in secondo luogo, spegnere ogni anelito alla vendetta, in favore dell’amore. Se Dio è santo, noi siamo chiamati ad “imitare” la Sua stessa santità, vivendo il comandamento dell’amore tra di noi. Amare il prossimo come se stessi significa vedere nel volto di ogni fratello o sorella, specialmente di chi ci ha ferito o offeso, non solo il volto stesso di Gesù, ma anche il nostro volto. Anche noi spesso siamo giudici e carnefici degli altri, e tante volte abbiamo bisogno di uno sguardo d’amore che ci risollevi dalla tristezza e dalla paura. La santità di Dio si manifesta nei nostri confronti come misericordia e perdono, come bontà e grandezza nell’amore. Proprio in quanto sommamente amati, dobbiamo rispondere totalmente alla vocazione all’amore.

«Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?… Non fanno così anche i pagani?». Gesù sembra quasi dirci che l’amore cristiano, è un amore che si distingue, ma non distingue. È un amore totale, aperto, senza esclusioni, decisamente altro rispetto al modo mondano di intendere l’amore. Il “discorso della montagna” sta prendendo una piega singolare. Con le “antitesi”, Gesù ci sta mostrando il superamento di una concezione legalistica della legge, rispetto ad una sua visione più interiore e solidale. È il cuore il campo di battaglia dove siamo chiamati a prendere una decisione, ferma e perseverante, tra le due vie della vita e della morte, per scegliere il bene. Le parole di Gesù si fanno risolute, esigenti, al limite dell’umana possibilità, in quanto le ultime due “antitesi”, proposte dal Vangelo, toccano due temi scottanti: il perdono e l’amore ai nemici. Seppure la “legge del taglione”, per certi aspetti, segnò un traguardo nel vivere civile e nella concezione della giustizia, poiché arginava gli eccessi della vendetta, Gesù invita a superare una visione equilibrista
della giustizia. Ciò che deve caratterizzare il discepolo è un amore “esagerato”, talvolta eroico, fatto di condivisione, di totale e incondizionata accoglienza, di solidarietà, di vicinanza a chi è nel bisogno, di uno stile che ripudia la violenza, ma è improntato alla mitezza evangelica,
fonte di beatitudine.
Gesù travalica poi ogni limite: «Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano». Ne va della nostra figliolanza divina: se siamo figli, siamo fratelli. La “perfezione” consiste nella carità senza limiti. E la perfezione della carità, ci ricorda il Concilio, è la vera santità.

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