Io sono il buon pastore
Commento al Vangelo di domenica 21 aprile 2024 - IV Domenica di Pasqua - Anno B
di Andrea Biancu
Il buon pastore, Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna (prima metà del V secolo)
3' di lettura
19 Aprile 2024

La IV domenica di Pasqua ci presenta sempre l’immagine del Buon Pastore con alcuni versetti tratti dal capitolo 10 di Giovanni.

«Io sono il buon pastore»: possiamo definire questa dichiarazione di Gesù come una delle più significative sulla sua identità, facile da comprendere e al contempo profonda, già presente nel capitolo 34 del libro di Ezechiele («Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia»). Il pastore buono si distingue da quello malvagio anzitutto per la sua intenzione: ama le pecore per sé stesse, mentre l’altro le ama solo per il proprio profitto. Si è infatti solleciti nell’amare ciò cui ci si sente in qualche modo legati: se il pastore non sente il gregge come parte di sé non sarà mai in grado di amarlo veramente.

«Il buon pastore dà la propria vita per le pecore»: c’è qualcosa di più rispetto alla profezia dell’Antico Testamento, perché lui non solo conduce le pecore con amore ma offre la vita per loro. Cristo non è venuto semplicemente per darci un insegnamento o una legge: si è immedesimato con le sue pecore, si è legato ad esse con vincoli “di sangue” al punto che le pecore gli “appartengono”, cioè sono sue membra e per questo affronta il pericolo sino a donare tutto sé stesso in modo pieno. Dare la vita infatti è “il mestiere di Dio”.

«Il buon pastore conosce le sue pecore»: si tratta di una conoscenza che supera le nostre capacità umane. Il “conoscere” di Dio è inseparabile dall’amore ed è il presupposto necessario della relazione tra Lui e noi. Per Dio non siamo “anonimi” senza identità: siamo persone uniche, con la nostra storia e i nostri problemi, solo Lui sa che cosa c’è nel nostro cuore, le intenzioni, i sentimenti più nascosti.

«Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore»: la voce del Signore non si impone mai, si propone. Come si può distinguere la voce del buon pastore? Gesù sa che il suo messaggio è la risposta di Dio al bisogno di pienezza di vita che ogni persona si porta dentro, gli basta offrirlo senza obbligare: le pecore, il gregge lo capiscono subito e sanno distinguerlo dalle altre voci. L’ascolto della sua voce crea unità, ascoltare soltanto di sé stessi non realizza “un solo gregge” ma lo frammenta in piccoli gruppi. Come comunità cristiana non possiamo fare a meno di credere sempre che l’unità si crea attorno alla sua voce e alla sua Parola, non a tante nostre piccole voci che, magari urlando, pretendono di essere guide sicure con parole incontestabili.


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