La longevità
Tra le tante ricerche in campo scientifico che negli ultimi anni si sono occupate di questo argomento, una in particolare ci riguarda molto da vicino
di Mariantonia Monni
La mappa delle "Zone blu"
5' di lettura
1 Maggio 2022

L’uomo è da sempre alla ricerca dell’immortalità. Anche la scienza attuale non ha abbandonato questa ricerca e questo “sogno” si è arricchito di un altro obbiettivo, perché vivere tanto, non basta più.

Vorremmo tutti, certamente, vivere a lungo e rimanere il più possibile in salute! Tra le tante ricerche in campo scientifico che negli ultimi anni si sono occupate di questo argomento, una in particolare ci riguarda molto da vicino, essendo stata svolta in Sardegna, e che ha portato alla nascita dell’espressione inglese “ Blue zone” o “zona blu”.

Questo termine nasce grazie agli studi condotti verso i primi anni del 2000 in Sardegna (in particolare in Ogliastra e Barbagia), dagli scienziati Gianni Pes e Michel Poulain e viene utilizzato per indicare quelle zone del pianeta dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale. Dai loro studi sulla longevità umana, è risultato che la regione centrale della Sardegna è l’area con una delle più alte concentrazioni di centenari al mondo. Gli studiosi hanno coniato il termine Blue zone o zona blu grazie alla loro metodologia di ricerca, poiché tracciavano sulla mappa della Sardegna dei cerchi concentrici, di colore blu, che indicavano le zone con la più alta longevità.

Ulteriori studi hanno permesso di individuare anche altre zone nel mondo caratterizzate da un’alta percentuale di centenari: l’isola di Okinawa (Giappone), la penisola di Nicoya (Costa Rica), l’isola di Icaria (Grecia) e la comunità di Avventisti a Loma Linda (California).

Queste cinque zone del pianeta, lontanissime tra di loro, hanno in comune la caratteristica di contare, nella loro popolazione, un alto numero di persone che raggiungono un’età molto avanzata e, soprattutto, in buono stato di salute. La Sardegna, inoltre, si distingue perché detiene un altro primato: è l’area con la più alta concentrazione di centenari maschi che nel resto del pianeta, di solito, vivono molto meno delle donne.

Cosa hanno in comune i centenari di queste aree geografiche così lontane? Gli scienziati hanno dimostrato che la longevità dipende sicuramente da più fattori.

I fattori genetici sono molto importanti, ma da soli non sono sufficienti e diversi studi mettono in evidenza l’importanza di fattori ambientali (aria pulita, ambienti poco inquinati) e dello stile di vita, in particolare dell’alimentazione e dell’attività fisica. Gli esperti hanno identificato alcuni dei “segreti” responsabili della longevità, comuni a queste 5 zone, nonostante le considerevoli differenze culturali esistenti tra esse. Particolarmente importante è il ruolo dell’alimentazione; le popolazioni di queste regioni (ovviamente con delle differenze dovute a fattori culturali e ambientali) si nutrono con una dieta “prevalentemente” vegetale.

In particolare in Sardegna, questo tipo di nutrizione comprendeva cereali integrali e non raffinati, legumi, verdura, frutta secca, olio di oliva, vino rosso nelle giuste quantità (consumato durante i pasti), latticini e formaggi di capra e pecora ed un consumo moderato di cibi animali, come la carne, che in passato non si mangiava così spesso come attualmente.

Un tratto comune a tutte le diverse culture delle Blue zones è il non eccedere durante i pasti, con l’abitudine di fermarsi prima della completa sazietà (situazione sicuramente dovuta, almeno in Sardegna, anche alla non grande disponibilità di cibo). Altro aspetto importante è risultato essere la vita attiva e non sedentaria, intesa non solo come attività sportiva, ma come un’attività motoria costante, continua e lavorativa all’area aperta (spesso i cententari erano pastori o agricoltori). Altra caratteristica tipica dei centenari residenti nelle Blue zones è il vivere in un contesto familiare e cioè la possibilità di vivere vicino o insieme ai propri cari, sentendosi parte attiva e fondante della comunità! Inoltre l’appartenenza ad un tessuto sociale più ampio che includa anche la dimensione religiosa o la “fede” (quasi tutti i centenari appartengono attivamente ad una comunità religiosa, indipendentemente dal credo professato) così come “l’avere uno scopo”, sono fattori estremamente importanti per migliorare l’aspettativa di vita.

Tutti questi aspetti riscontranti come comuni nei centenari sardi e caratteristici della vita in Sardegna di “qualche” anno fa, sicuramente sono venuti meno nei nostri tempi, tant’è che le nostre abitudini alimentari e sociali si sono molto di più avvicinate a quella cultura detta “occidentale” che troviamo ormai ovunque. Sembra proprio che i ritmi moderni, molto più frenetici e stressanti, il cambiamento di alcune abitudini lavorative (che hanno permesso da un lato di ridurre i tempi del lavoro e dall’altro di ridurre la fatica fisica), la produzione di cibo estremamente raffinato e un’alimentazione troppo ricca rispetto alle nostre reali necessità non siano la strada giusta per ottenere una aspettativa di vita “migliore” in termini di qualità e quantità! Il vero progresso potrebbe essere guardare al passato e provare a conciliare le aspettative e le necessità della vita moderna con l’“essenziale”.

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