Alcune riflessioni in tempo di guerra
di Mariantonia Monni
4' di lettura
13 Marzo 2022

Dopo due anni di Pandemia e in un mondo che ancora cerca di riprendersi dalla crisi sanitaria provocata dal Coronavirus, ora, è arrivata una nuova emergenza da fronteggiare: la guerra in Ucraina. Senza voler entrare nel merito di questioni politiche o diplomatiche, che è meglio lasciare agli storici e agli esperti di politiche europee e mondiali, non si può non esprimere il più grande disappunto davanti alla stupidità degli uomini, spesso caratterizzati da una memoria “troppo corta” anche sulla storia del Novecento appena trascorso. La guerra è “entrata” nelle nostre case grazie alla tv e ai social e tutti ne parlano, pure i bambini domandano cos’è un bunker e se i carri armati possano arrivare fino a noi! Gli effetti di questo conflitto che si combatte nel cuore dell’Europa già si vedono nella nostra quotidianità.

Infatti, senza ovviamente voler paragonare i nostri problemi al dramma della popolazione ucraina, tutti ci siamo resi conto, in questo periodo, dell’aumento del costo di alcuni prodotti, aumento che è probabilmente destinato a peggiorare. La guerra tra Russia e Ucraina ha implicato, in modo diretto e indiretto, un aumento dei prezzi sia dei combustibili per produrre energia (gas e petrolio) sia di altri prodotti come grano e cereali, con gravi effetti e ripercussioni su tutta la catena del settore agroalimentare. La Russia è, infatti, il più grande esportatore di grano al mondo, seguita al terzo posto dall’Ucraina. I due paesi sono responsabili del 29% del commercio globale di grano, quasi del 20% delle esportazioni di mais e dell’80% delle esportazioni di olio di girasole. È comprensibile quindi come la guerra in corso sia destinata a far lievitare ancor di più il costo di questi prodotti e dei loro derivati come il pane e la pasta. Secondo l’analisi della Coldiretti, l’attuale conflitto avrà ripercussioni su scala globale e nello specifico interesserà l’Italia (la patria della pasta e del pane), Paese dove si produce sempre meno grano e dove i terreni vengono abbandonati o destinati ad altri tipi di coltivazioni, Paese che, nonostante la sua storia e le sue tradizioni, anche culinarie, importerebbe dall’estero addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.

Niente di tutto ciò può, tuttavia, essere paragonato al dramma della popolazione civile e all’emergenza umanitaria in corso. Gli intensi combattimenti che colpiscono le varie città dell’Ucraina costringono migliaia di persone verso le frontiere, in particolare le persone più “deboli” e fragili come i bambini, le donne e gli anziani. Tante le persone che in pieno inverno e nel giro di poche ore hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni e i propri villaggi per sfuggire ai bombardamenti e che vivono in grande difficoltà, nascosti e senza poter accedere in modo sicuro al cibo, all’acqua potabile, all’assistenza medica. Questa tragedia è ulteriormente aggravata dalla pandemia di Covid-19, che ricordiamoci è tutt’altro che conclusa.

Contro la guerra che cancella vite umane e mette a rischio il futuro di intere generazioni, contro tutte le altre guerre dimenticate del pianeta, è bene rivedere le prospettive sia economiche che politiche e ritornare ai valori di rispetto e tutela della vita umana. Ricordiamoci come ha detto Papa Francesco che «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come era prima. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una pesante sconfitta di fronte alle forze del male». È necessario che il dialogo e la diplomazia riprendano al più presto perché la pace è l’unica “arma” per fermare questa tragedia.

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--