Saveriani nel cuore della missione
In un libro a cura dei Saveriani di Cagliari la storia di missionari e missionarie sardi defunti
di Natalino Piras
La copertina del volune
5' di lettura
17 Aprile 2024

Il libro Missionari e missionarie Saveriani Sardi defunti, a cura dei Missionari Saveriani di Cagliari (2003, 128 pagine) contiene vite esemplari. Ho conosciuto alcune delle persone raccontate in questo libro. Sono appartenuto allo stesso ordine dei 27 missionari e delle 11 missionarie di cui il libro fa memoria. L’Istituto Saveriano Missioni Estere venne fondato agli inizi del Novecento dal vescovo di Parma, Guido Maria Conforti. In nome di Francesco Saverio, l’apostolo delle Indie, morto a Goa, davanti alla Cina, l’ultima frontiera della sua missione. Ignazio di Loyola, Pietro Favre e Francesco Saverio avevano costituito la Compagnia di Gesù, nell’Europa del Cinquecento dilaniata dalle guerre. Così come i Gesuiti, i Saveriani finalizzano tutto alla missione: todo modo, appunto Ignazio di Loyola, per guadagnare anime alla causa e alla casa del Signore, la stessa da dove Gesù scaccia i mercanti. Insieme alle anime ci sono i corpi, la gente con cui stare, con cui vivere e fare missione, gente dei Sud del mondo, in Asia, Africa, America Latina, poveri, affamati, oppressi, perseguitati. La missione dei Saveriani è stata in Cina da dove furono espulsi, dopo essere stati perseguitati dai Boxer, dalla rivoluzione di Mao. I Saveriani sono stati e spesso continuano a stare in Giappone, Filippine, Bangladesh, Indonesia, Taiwan e Thailandia, Sierra Leone, Marocco, Camerun, Ciad, Burundi, Congo, Zaire, Brasile, Colombia, Messico, Sati Uniti. In Europa, casa madre a Parma, la presenza Saveriana ha attraversato la Francia, la Spagna, la Gran Bretagna. 

Il libro, curato da padre Oliviero Ferro, dice dei morti come anime presenti. È ordinato cronologicamente seguendo la data della loro scomparsa, il guadagno del Paradiso insiste il curatore. È un libro per i vivi, quanti continuano la storia dei Saveriani. È come sotteso da un verso del Salmo 69: Zelus domus tuae comedit me, lo zelo per la tua casa mi consuma. Nel Vangelo di Giovanni questo zelus adotta Gesù nell’atto di scacciare i mercanti dal tempio, i profanatori e i profittatori insediatisi nella sua casa. Quando studiavo dai Saveriani, a Macomer e a Cagliari, il verso decimo del Salmo 69 ce lo ripetevano spesso per rafforzare il senso della missione, per prepararci in spirito a tutti i rischi e pericoli cui saremmo andati incontro. 

Le vite raccontate nel libro sono tutte pervase di zelo. Nel segno dell’accettare la scelta dell’essere stati chiamati, del dare, del sacrificarsi, nel predicare la fede e costruire solidarietà. 

I Saveriani iniziano a trovare casa in Sardegna a Tortolì, il 2 gennaio del 1947, opera di padre Virgilio Mirto: era nato a Guasila il 7 maggio 1910, morirà in mare, a Orrì, per salvare due dei suoi ragazzi.  Dopo l’Ogliastra, nel 1950 i Saveriani sono a Macomer. Per dieci anni alloggeranno nelle casermette di Bonu Trau per poi passare all’Istituto di via Toscana. A Cagliari arrivano nel 1962, vanno via nel 2007 e tornano nel 2014. Nel 2015 lasciano Macomer. Le Missionarie di Maria sono a Oristano nel 1985.

Nel libro nessuno va trascurato. Annoto qui la vicenda di padre Mario Delrio (Ottana 1941-Madrid 1978) che a Tomè-Acu, in Amazzonia, «era un vulcano di idee», tutte al servizio della comunità.  Padre Valter Giua (Muravera 1927-Serrenti 1986), «prete operaio», quando arrivò in Giappone si era imposto da subito di imparare quella lingua tanto distante e difficile. Sapeva fare uso di una grande eloquenza così come incantava «i cristiani» con giochi di prestigio. Padre Salvatore Deiana (Ardauli 1956-Altamira Brasile 1987), è morto in un incidente stradale. Un anno dopo, alla Messa di suffragio nel paese natale, il vescovo Erwin Krawtler dice che non si è trattato di incidente. Padre Salvatore faceva catechesi «per la difesa dei diritti» dei suoi parrocchiani che si battevano per la salvaguardia della terra. E ancora padre Giovanni Picci (Quartu Sant’Elena 1919-1990), una famiglia di nove figli, due sorelle, Ersilia (24 maggio 2023 – Parma 5 settembre 2017) e Giuliana (12 marzo 1936-Parma 15 giugno 2023) anche loro missionarie saveriane. Molti gli insegnamenti da padre Antonio Ibba (Sardara 1924 – Ancona 1997), padre Pietro Edmondo Lamanna (Pirri 1930-Curitiba Brasile 2005), Giuseppino Mattu (Fordongianus 1947- Parma 2005), Ivaldo Casula (Guasila 1943- Makeni, Sierra Leone 2007), pervaso come molti dal «mal d’Africa», l’inguaribile nostalgia della missione. Ci sono fratel Sebastiano Murgia (Desulo 1925- Flumini 2009), fratel Giuseppe Scintu (Ales 22 febbraio 19235 – Parma 19 marzo 2020), fratel Guglielmo Saderi (Sardara 18 novembre 1931 – Parma 2020) che a Macomer diceva «isciacquau» a chi non faceva la cosa giusta.  Padre Alessio Cabras (Tonara 29 agosto 1930- Londrina, Brasile 26 giugno 2014) intervistò Paulo Freire, quello della Pedagogia degli oppressi, Paulo Evaristo Arns e Helder Càmara, teologi della liberazione. 

Vivifica la narrazione Serafino Muscas di Paulilatino, classe 1948. Era diacono. Morì in un incidente stradale nell’autostrada del Sole vicino a Modena. Lo ricordo fare le imitazioni di Stanlio e Ollio con Cosimo Zene. Un adiosu di molto affetto a Pietro Marchesi di Pozzomaggiore, classe 1952, morto a 33 anni, il 14 giugno 1985. Gli era stata amputata una gamba. «Come tutti, desiderava andare in missione. Ma, a causa del male, decise di offrire la sua vita per la missione». Considerevole lo zelus di Pietro. 

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