Il viaggio di Efix Maronzu, re dei mendicanti
È un itinerario di espiazione quello narrato dalla Deledda in Canne al Vento
di Natalino Piras
Stanis Dessy, La fiera (1930). Particolare
5' di lettura
10 Aprile 2022

Canne al vento (1913), capolavoro di Grazia Deledda, è il libro di Efix, il vecchio servo delle dame Pintor di Galte, nobili in rovina, la loro casa, un palazzotto al centro del paese, somigliante a «una tana di faine». Sul finire del romanzo, ambientato al tempo della guerra in Libia (1911-1912), lo apprendiamo da una gara poetica al Rimedio di Orosei, Efix inizia un viaggio di espiazione e si traveste da mendicante, uno dei tipi classici che ancora esistevano al tempo della nostra giovinezza, nella torma di tzegos, thoppos e istropiados che chiedevano l’elemosina nelle erte che portavano ai santuari. Oppure stavano ai margini de sos ballos a tres pizzas che si svolgevano al tempo delle feste lunghe nei larghi spiazzi circondati da cumbessias e moristenes.
Il viaggio di espiazione di Efix Maronzu, sessant’anni nemmeno compiuti, potremmo chiamarlo il cammino dei mendicanti. Le tappe più importanti sono le feste campestri e ancora santuari di Barbagia e Baronia tra agosto e settembre. Il viaggio inizia però «la domenica dopo Pasqua» quando Efix si reca «nella chiesetta di Valverde» appena sotto la Solitudine di Nuoro. «Era un pomeriggio freddo e sulla vallata dell’Isalle battuta dal vento di tramontana, con Monte Albo giù in fondo tra le nuvole come una nave incagliata in un mare burrascoso, pareva dominasse ancora l’inverno». Tappa intermedia è lo Spirito Santo, a Dorgali. «C’era poca gente ma scelta. Erano ricchi pastori con le mogli grasse e le belle figlie: arrivavano a cavallo, fieri e bruni gli uomini, agili come beduini, le fanciulle pieghevoli, soavi come figure bibliche». C’è un intero mondo che ha Galte-Galtellì come luogo di andata e ritorno: un paese significativo dove si svolge la vicenda di colpa ed espiazione di Ruth, Ester e Noemi, le dame Pintor, la sorella Lia fuggita di casa, e soprattutto di Efix che «si cura della loro sopravvivenza» e che custodisce un terribile segreto. Per espiare appieno Efix deve lasciare Galte. Deve vagabondare, itinerare, soffrire, confuso insieme ad altri petitores di professione, ciechi nati e inventori di malattie. Efix deve accettare l’elemosina, soldi a volte scagliati, altre volte deposti ai suoi piedi. Efix soffre questa condizione ma è come se abbia voluto prendere su di sé la parte di re-mendicante: come Ulisse che per studiare il compimento della vendetta si accompagna al porcaro Eumeo. Alla festa dello Spirito Santo, Efix osserva il combattimento tra due ciechi, che poi saranno suoi compagni di viaggio, alla festa dei Martiri, a Fonni.

Non c’è solo folklore nel romanzo di Grazia Deledda, non solo balli, canti e pranzi collettivi. C’è pure indagine psicologica. Il cammino dei mendicanti ha come epicentro l’8 settembre, la festa di Gonare dopo che a fine agosto Efix è stato ancora a Nuoro, per il Redentore. A Gonare, Efix, mascherato di una «barba grigia ispida fatta di pelo d’asino», in un tempo sconvolto da violenti temporali, vede i fedeli che «salivano da tutti i terreni tortuosi, da tutte le strade serpeggianti, affluendo alla chiesetta come il sangue che dalle vene va sul cuore». A Gonare si ascoltano dialoghi di fanciulle all’uscita della messa. Poi, a mezza costa, correranno il palio dei cavalli, «le corse dei berberi». Dentro la chiesetta di Gonare, Efix si farà riconoscere da don Pedru, cugino delle dame Pintor, venuto pellegrino fino in cima al Monte forse per chiedere a Nostra Segnora che muova il cuore di Noemi da lui richiesta in sposa.
È uno dei nodi, destinato a sciogliersi, del romanzo. Sarà Efix a pagare per questo scioglimento del voto. Da Gonare, i mendicanti scenderanno a Mamoiada per la festa di San Cosma e Damiano e dopo una tappa sopra Orune, arrivano a Bitti per il Miracolo, il 30 settembre, l’ultima tappa. «Una folla riempiva la chiesa, il campo attorno, il sentiero che conduceva al paese.
Una processione s’aggirava continuamente attorno al santuario come un serpente rosso e bianco, giallo e nero: gli stendardi sventolavano simili a grandi farfalle, e canti corali, tintinnii di cavalli bardati per la corsa, grida di gioia si univano alle cantilene gravi dei pellegrini». Il Miracolo è una festa importante per Efix, di rivelazione. Si addormenta davanti alla chiesa e dapprima sogna di essere abbandonato da uno dei compagni di viaggio. Poi torna a sentire la voce del cieco che chiede l’elemosina. Capisce che «dopo aver compiuto il giro del mondo», è tempo di ritornare a Galte.

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