Sul significato di Persona
La maschera può celare e proteggere ma anche rendere irriconoscibili
di III C Liceo Classico Nuoro
Rene Magritte, Man in a Bowler Hat (particolare), 1964 (photo by WikiArt)
7' di lettura
12 Luglio 2023

Nemo potest personam diu ferre, «Nessuno può portare una maschera a lungo».Il grande pensatore latino Seneca introduce la nostra riflessione su un termine densissimo di implicazioni e di rimandi. 

La parola “persona” in latino significa maschera, personaggio, figura, personalità, carattere, parte. Il termine, che deriva dall’etrusco: phersumaschera, può essere utilizzato in ambito artistico, interpersonale, psicologico, teatrale. 

Questo termine, comunemente associato al singolo individuo, ha radici e significati molto più profondi e antichi. Basti pensare che questa parola viene utilizzata fin dai tempi dell’antica Grecia per indicare le maschere teatrali. In generale, la parola “persona” ci invita a considerare l’essenza umana nella sua complessità, a riconoscere la dignità e il valore di ogni individuo, e a riflettere sulla responsabilità morale che abbiamo nei confronti degli altri esseri umani. L’utilizzo della maschera raramente è voluta dall’individuo che la indossa, ogni giorno la indossiamo costantemente in base alla situazione, di fronte alle aspettative, alle idee e alle pressioni della società, con i nostri cari e persino quando siamo da soli.  Di fronte alla società tendiamo a nasconderci dietro una maschera, poiché questa preferisce l’apparenza e la finta perfezione alla realtà, in questo modo ci impone l’utilizzo di una “copertura”, inconsciamente o consapevolmente. 

«Imparerai a tue spese – dice Pirandello – che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti». «C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno». «Tutta la vita umana non è se non una commedia, in cui ognuno recita con una maschera diversa, e continua nella parte, finché il gran direttore di scena gli fa lasciare il palcoscenico». 

Erasmo da Rotterdam nell’Elogio della follia (1509) scrive che tutti abbiamo diverse maschere, che indossiamo a seconda dell’occasione. A scuola siamo studenti, a casa siamo figli, fratelli o sorelle. In ogni momento proviamo a raggiungere le aspettative, ci sforziamo di ricoprire quel ruolo e alla fine arriva il “gran direttore”, che fa calare le maschere e si mostra la nostra vera essenza, poiché l’indole non è soggetta a cambiamenti. 

Ognuno di noi nella sua vita incontrerà poche persone veramente sincere, che si mostreranno per come sono veramente. Molte di più invece saranno le maschere, persone che tendono a celare il proprio io quasi come un’identità segreta, ognuno di noi recita una parte nella propria vita e si impedisce di essere davvero libero. «Mi chiedi cos’è la libertà? Non essere schiavi di nessuno, di nessuna necessità, di nessun accidente e conservare la fortuna a portata di mano»: sono parole di Seneca.

Abbiamo quindi parlato della molteplicità delle maschere, della volontà di un individuo di indossarle per sentirsi parte della società in cui si trova, della finzione che queste generano.  Ma cosa si può dire degli occhi? Gli occhi che sono considerati lo “specchio dell’anima”, che dovrebbero essere incapaci di mentire, che brillano anche quando il volto è coperto da una maschera. È possibile coprire gli occhi? Nasconderli alla vista altrui per celarli sotto uno strato di apparenza da presentare al mondo? 

Se gli occhi sono veramente un accesso alla nostra anima, allora devono essere incapaci di mentire; filtrano ogni sentimento e sono il mezzo con cui possiamo esprimerci indisturbati: nessuno si ferma ad osservare attentamente lo sguardo di qualcun altro. Chi lo fa, agisce in questo modo con le persone a lui care, e in quel caso riesce a trovare un mondo completamente a sé stante. Gli occhi contengono tutto: il dolore, la gioia, la paura, l’amore; tutto ciò che una maschera, una “persona” è in grado di nascondere se indossata nel modo giusto.  Ma se qualcuno riuscisse davvero a camuffare la sua anima? Gli occhi che brillerebbero sotto la maschera sarebbero ancora sinceri? Potremmo considerarli fuochi che bruciano all’ombra, fari in un mondo di apparenza o sarebbero soltanto altri specchi per le maschere che ci circondano. 

«Nessun uomo può, per un tempo considerevole, portare una faccia per sé e un’altra per la moltitudine, senza infine confonderle e non sapere più quale delle due sia la vera», afferma lo scrittore Nathaniel Hawthorne. Indossare una maschera può sembrare apparentemente la scelta migliore, la soluzione che risolverà tutti i nostri problemi. Ma spesso tendiamo a dimenticare l’altra faccia della medaglia: essa può infatti celare e proteggere, ma, allo stesso tempo rendere irriconoscibile colui che la indossa. Il rischio maggiore è quello si perdersi nella funzione e non essere più capaci di uscirne. 

«Sappiamo quanto può essere pericolosa una maschera, tutti diventiamo quello che facciamo finta di essere» ci conferma Patric Ruthfuss. 

Persone: ne esistono milioni, eppure ognuno di noi dà vita ad altrettante personalità. Ognuno porta una maschera, con gli altri, con se stesso. Se ci chiediamo il perché in realtà la risposta è molto semplice: meccanismo di difese. È più sicuro mostrare al mondo una versione di noi stessi che modellismo e coloriamo a nostro piacimento. Se veniamo giudicati, a quel punto non possiamo stare male, perché è solo una maschera quella che gli altri vedono: stanno giudicando solo una tua spennellata troppo leggerà, una figura di troppo sulla tela che montiamo sopra l’anima… in realtà la vera opera d’arte è al sicuro dentro di noi. 

La difesa è istinto umano, dunque la usiamo da sempre, da quando capitano l’esistenza della diversità e quanto essa è vista male dalla società. La cosa negativa di questo scudo è che dopo un po’, dopo anni e anni di cambio di maschere, quando siamo soli e potremo essere veramente noi stessi, ci dimentichiamo ci siamo e dobbiamo riscoprirci. Diventiamo bambini in un corpo da grande. 

È come quando si gioca a nascondino, se una persona passa interi anni a giocare la stessa partita, quando viene finalmente trovata, non sa come comportarsi. Tutto quello che sa fare è nascondersi, è l’unica cosa che la tenuta al sicuro dagli altri. 

Lo schermo che ci protegge prima o poi cade sotto la pressione dell’uragano che infuria dentro di noi. Lo schermo può assumere molte forme: può essere un sorriso finto, un atteggiamento superficiale o un comportamento artificioso. Questo perché spesso cerchiamo di nascondere il nostro caos interiore, ovvero quei pensieri e quelle emozioni che ci causano disagio e preferiremmo tenere nascosti agli occhi degli altri.


A cura degli alunni della classe III C: Pietro Becconi, Antonio Bonifacio, Sofia Cabitza, Chiara Concu, Lucianna Delogu, Clara Ena, Mauro Fronteddu, Maria Grazia Goddi,  Karnmukda Intharamat,  Mariantonietta Lai,  Beatrice Loi,  Lucia Tola,  Yuliana Usai

Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

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