Non è più tempo di attendere
Commento al Vangelo di domenica 21 gennaio 2024 - III Domenica del Tempo ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
Marco Basaiti, Vocazione dei figli di Zebedeo (1510), Gallerie dell’Accademia di Venezia
3' di lettura
19 Gennaio 2024

In questa domenica riprendiamo la lettura del primo capitolo del vangelo di Marco e il versetto iniziale fornisce le coordinate spazio-temporali del racconto: Giovanni Battista è stato arrestato e Gesù percorre la Galilea. Sta iniziando una fase nuova: il Battista era l’ultima voce autorevole che esortava ad un rinnovamento dal deserto e dalle rive del fiume Giordano, ora c’è una voce nuova che riprende quell’invito ma in un contesto diverso, quello di un territorio considerato non solo geograficamente periferico.

Tuttavia le vere coordinate spazio-temporali sono contenute nell’espressione di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15). C’è un processo, quello dell’Antico Testamento, che è arrivato al suo termine: è un tempo “compiuto” cioè realizzato in pienezza, non occorre continuare ad attendere. «Il regno di Dio è vicino»: Gesù ci vuol far capire che la realtà che viviamo è preziosa, che la nostra vita quotidiana è sempre un tempo propizio per accorgersi che Dio è presente, che abita la nostra storia e ogni momento può diventare – se lo vogliamo – un’occasione e un dono importante da non sprecare.

I primi destinatari di queste nuove coordinate spazio-temporali sono due coppie di fratelli, accomunati dalla stessa professione: sono i pescatori del mare di Galilea. C’è chi sta gettando le reti, chi le sta riparando: sono le fasi della vita, quelle della fiducia e della speranza nell’intraprendere un percorso e quelle di chi ha necessità di risistemare ciò che si è rotto, riunificare quello che si è spezzato prima di riprendere il cammino. Gesù li chiama nel pieno della loro attività e nel pieno dei loro problemi, in un momento di positività ma anche di negatività. Non è più tempo di attendere, perché in quella chiamata c’è già qualcosa di “compiuto” che supera la quotidianità del tempo cronologico.

I primi discepoli non sono chiamati singolarmente ma insieme, proprio perché sanno già cosa significa condividere un progetto, lavorare fianco a fianco. Cambia l’obiettivo ma non la modalità del vivere quotidiano: saranno «pescatori di uomini» (Mc 1,17), non lo faranno da soli ma unendo le forze.

Nel versetto finale della pagina evangelica odierna l’evangelista Marco annota che Giacomo e Giovanni «lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui» (Mc 1,20). Quando si inizia un nuovo percorso di vita c’è sempre qualcosa che si lascia definitivamente o che passa in un secondo piano: ci si priva di alcune comodità (garzoni) e anche degli affetti che hanno costituito il pilastro dell’esistenza fino a quel momento (padre Zebedeo). Nel cuore c’è la certezza di aver corrisposto ad una chiamata che attrae e diventa «un esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Benedetto XVI, Enciclica Deus Caritas est, 6).


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