Apparteniamo al Signore
Commento al Vangelo di domenica 22 ottobre 2023 - XXIX Domenica del Tempo ordinario - Anno A
di Michele Pittalis
Tiziano, Cristo della moneta, (1516 ca), Gemäldegalerie, Dresda (particolare)
4' di lettura
22 Ottobre 2023

È sorprendente la creatività di Dio! Nella prima lettura, il re pagano Ciro, appartenente a quel popolo che ha condotto la casa di Israele in esilio a Babilonia, è chiamato “eletto”. Dio lo ha scelto, per portare avanti il suo progetto di salvezza per Israele: Ciro diventa lo strumento della liberazione.

Entriamo spesso in ribellione con Dio, perché non comprendiamo il suo modo di agire e siamo incapaci di riconoscere che la storia è sempre guidata dalla sua santa volontà. Dio è fedele, mantiene sempre la sua Parola, compie sempre la sua promessa. Ma spesso interviene nella nostra vita proprio servendosi di situazioni o di persone per noi impensabili e improbabili. Dobbiamo ancora crescere nella fiducia in Lui, abbandonandoci alla Sua premura senza riserve e senza preconcetti!

Dalle parole del profeta Isaia possiamo trarre altre due indicazioni preziose. Anzitutto la certezza di non essere per Dio degli estranei. «Io ti ho chiamato per nome»: è la Parola rivolta a noi, bisognosi di un amore che travalichi tempi e situazioni, che vada oltre le nostre stesse disposizioni interiori, che non sia prigioniero dei nostri schemi. Siamo nel Cuore di Dio; chiamare per nome indica infatti un’appartenenza. Se Dio ci chiama per nome, significa certo che Egli ci conosce personalmente, vede nella profondità del nostro cuore, sa il nostro passato e il nostro presente; ma soprattutto indica che siamo suoi. Siamo chiamati, siamo cercati, siamo desiderati.

La seconda indicazione: «Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio». Dio è vita e liberazione; fuori di Lui c’è solo la morte e la schiavitù, fuori di Lui c’è il nulla. Se Dio è il Signore, allora tutto ciò che nel nostro cuore usurpa la sua Signoria, evidentemente porta alla prigionia oscura del non-senso e della vacuità. Non sarà il caso di rompere definitivamente con le idolatrie più o meno “comode” che abbiamo? Attenzione a cercare altrove false divinità costruite ad arte per assecondare o peggio giustificare il nostro correre dietro alle passioni mondane e ai nostri vizi. 

Il Vangelo ci svela finalmente la reazione “seccata” dei farisei e dei capi del popolo, alle parabole che Gesù ha raccontato in precedenza usando l’immagine della vigna. Essi decidono di complottare contro Gesù tentando di coglierlo in fallo su un tema spinoso: la liceità o meno del pagamento dei tributi a Cesare. Il tranello è ben costruito. Se Gesù dicesse semplicemente “si”, la gente oppressa dalle tasse dei Romani si ribellerebbe a Lui; se dicesse “no”, disobbedirebbe alla dominazione romana. La risposta di Gesù muove dall’immagine sulla moneta, posta accanto alla “immagine” che, nell’Antico Testamento, si riferisce all’uomo creato, quella di Dio.

«Cristo con termine “immagine” vuole rimandare indirettamente a un noto passo del libro della Genesi, quello della creazione dell’umanità. L’uomo, perciò, è “siglato” da un’appartenenza radicale a Dio; egli è “icona” del Signore, incarna quel volto invisibile, porta in sé una traccia del divino. L’uomo è la “immagine” più somigliante a Dio e a lui è profondamente vincolato» (G. Ravasi). Noi apparteniamo a Dio perché abbiamo dentro la sua presenza; la moneta del tributo reca l’immagine dell’imperatore, perciò appartiene a lui. Gesù non sta facendo semplicemente un richiamo ai nostri doveri di onesti cittadini, ma anzitutto un chiaro invito a riconoscere a chi apparteniamo.

San Paolo usa tre espressioni splendide: «fermezza della speranza, operosità della fede, fatica della carità». Non basta dire “io credo”: deve essere la nostra vita ad annunciare la nostra fede. Amare poi non è semplice, richiede umiltà, generosità, disponibilità a pagare di persona. La parola dell’amore è la Croce! Infine, sperare non è illudersi, la nostra è una “speranza affidabile” (Benedetto XVI). Sperare è sapersi amati e salvati.

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