Malassorbimento o intolleranza al lattosio
La condizione di malassorbimento deriva da ipolattasia o deficit di lattasi, cioè dalla carenza dell’enzima lattasi, presente nell’intestino tenue, deputato alla sua digestione
di Mariantonia Monni
4' di lettura
24 Giugno 2023

Il termine indica una condizione clinica per cui, dopo il consumo di lattosio, insorgono sintomi quali gonfiore, flatulenza, disagio o dolore addominale, cattiva digestione e diarrea.

Il lattosio, disaccaride composto da glucosio e galattosio, è il principale zucchero del latte di quasi tutti i mammiferi. È presente nei derivati del latte come i formaggi (in quantità variabile e in base al grado di lavorazione e stagionatura), in numerosi prodotti industriali (esempio dolci, caramelle, salumi, surgelati, salse), come additivo e, in quantità pressoché trascurabili, come eccipiente in vari farmaci. La condizione di malassorbimento deriva da ipolattasia o deficit di lattasi, cioè dalla carenza dell’enzima lattasi, presente nell’intestino tenue, deputato alla sua digestione. In caso di carenza, il lattosio non viene digerito e quindi assorbito, ma rimane nell’intestino tenue. Quando raggiunge il colon (l’ultimo tratto dell’intestino) viene fermentato dalla flora batterica con richiamo di acqua e produzione di sostanze e gas con conseguente comparsa della cosiddetta sindrome da intolleranza al lattosio. I livelli di lattasi nell’uomo sono massimi alla nascita, riducendosi progressivamente dopo lo svezzamento (di circa il 75-90%) determinando l’ipolattasia primaria. Tale condizione è estremamente diffusa nel mondo (in Italia riguarda il 40-50% degli individui), con differenze importanti nelle varie etnie, ad esempio è meno presente nelle popolazioni Nordeuropee e nei gruppi che da esse discendono. In realtà geneticamente, la riduzione di lattasi rappresenta la “normalita” perché nei mammiferi, uomo compreso, l’alimentazione a base di latte materno è fondamentale solo nei primi mesi di vita. La persistenza nella capacità di produrre lattasi in alcune popolazioni sembra essere stato utile perché ha dato la possibilità di consumare latte e derivati nel caso di scarsa disponibilità di altro cibo. Tuttavia la riduzione fino al 50% della lattasi pare essere sufficiente a garantire un’efficace digestione del lattosio, quindi non tutti i soggetti con ipolattasia presentano i sintomi.

Esistono altre forme di ipolattasia: congenita, una rara condizione genetica, caratterizzata sin dalla nascita da grave diarrea che impone la completa esclusione di lattosio e secondaria, dovuta ad altre patologie dell’intestino (celiachia, Crohn, infezioni intestinali, uso di farmaci) in cui un danno alla mucosa del tenue causa temporaneo deficit di lattasi.

Per la diagnosi, essendo la sintomatologia aspecifica, perché presente in altre patologie intestinali, è utile l’esecuzione del breath test al lattosio, un esame semplice e non invasivo, la cui negatività permette di escludere, con buona attendibilità, la condizione. Il test genetico per la ricerca della mutazione indica, invece, se il paziente è predisposto alla riduzione dell’attivita lattasica. Alcuni consigli utili: assumere latte e prodotti privi di lattosio, consumare yogurt (di solito meglio tollerato grazie ai batteri presenti che digeriscono parzialmente il lattosio) e formaggi stagionati (perché la stagionatura riduce in parte o totalmente il contenuto di lattosio). Fondamentale è leggere le etichette nutrizionali per individuare il lattosio “nascosto”. I

In commercio esistono preparazioni di lattasi “esogena”, in compresse o gocce, da assumere al pasto. In caso si sospetti il malassorbimento del lattosio è bene evitare il “fai da te” e rivolgersi al proprio medico, per evitare da un lato, restrizioni eccessive nell’alimentazione e carenze nutrizionali, dall’altro, per non trascurare tale condizione che con i sintomi causa un peggioramento nella qualità di vita.

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