La dieta mediterranea
Il mondo scientifico concorda nel considerare la dieta mediterranea come un modello alimentare vario ed equilibrato
di Mariantonia Monni
6' di lettura
4 Maggio 2024

Spesso sentiamo parlare di “dieta mediterranea” e dei suoi benefici, ma esattamente di cosa si tratta?

Contrariamente a quello che si pensa, questa non si ispira solo alla tradizione italiana, ma è un modello nutrizionale che rispecchia le abitudini alimentari tradizionali di vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Attualmente sappiamo che la dieta mediterranea, in associazione ad una serie di stili di vita corretti, influisce positivamente sulla nostra salute. È stata oggetto di studi di diversi scienziati a partire dalla prima metà del ‘900, uno dei primi fu il medico ligure Lorenzo Piroddi, che intuì la correlazione tra abitudini alimentari e malattie del metabolismo ed elaborò una prima versione di questa dieta che privilegiava il consumo di grassi vegetali rispetto a quelli animali.

Il primo scienziato che coniò l’espressione “Dieta Mediterranea”, riconoscendole valore medico-scientifico e rilevanza internazionale, fu il fisiologo americano Ancel Keys, ideatore nel 1940, per conto del Ministero della Difesa americano, della famosa “razione K” (dall’iniziale del suo cognome), una razione alimentare completa, poco ingombrante e usata in campo militare. Nel 1951 Keys partecipò come presidente alla prima conferenza sull’alimentazione nel mondo indetta dalla FAO a Roma, durante la quale venne a conoscenza, da parte del Prof. Bergami, Direttore dell’Istituto di Fisiologia dell’Università di Napoli, che in quella città si registravano meno casi di malattie cardiache. Incuriosito da questo dato e aiutato dalla moglie, intraprese una campagna di studi in diversi paesi del sud Italia e del sud Europa, confermando che l’incidenza di malattie cardiovascolari in questi luoghi era molto più bassa che negli Stati Uniti e intuì che ciò potesse avere un legame con l’alimentazione. Per avvalorare scientificamente tale osservazione, promosse il primo studio organizzato sulla dieta mediterranea, diventato famoso come “studio dei sette Paesi”, in cui vennero messe a confronto le abitudini alimentari di Stati Uniti, Italia, Giappone, Finlandia, Grecia, l’allora Yugoslavia e i Paesi Bassi. Egli dimostrò che più ci si allontanava dallo stile della dieta mediterranea e più alta era l’incidenza di malattie cardiovascolari. Keys si trasferì gli ultimi venti anni della sua vita a Pioppi, in Cilento (Campania), dove morì all’età di 100 anni e poté osservare e studiare meglio il regime alimentare della popolazione locale. I suoi studi si concentrarono soprattutto sulla popolazione composta da contadini del sud Italia che consumavano prevalentemente i prodotti della terra. In particolare mise in evidenza un elevato consumo di legumi, cereali e carboidrati complessi, verdura e frutta di stagione, olio extravergine, formaggio (ricco di fermenti lattici salutari per intestino), frutta secca con un ridotto consumo di zuccheri semplici (eccetto quelli della frutta e dei sporadici dolci), pochi grassi e altri cibi di origine animale e un’assunzione moderata di vino durante i pasti. Sulla base di quanto emerso dallo studio venne elaborato nel 1980 il primo esempio di Piramide Alimentare della dieta mediterranea.

Nel 2010 la dieta mediterranea è stata riconosciuta dall’Unesco, patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità ed identifica geograficamente i territori appartenenti a vari paesi: Cipro, Croazia, Spagna, Grecia, Italia, Marocco e Portogallo. La motivazione della scelta è “racchiusa” in questa definizione: «Un insieme di pratiche tradizionali, di conoscenze e abilità che sono passate di generazione in generazione in molti paesi mediterranei fornendo alle comunità un senso di appartenenza e di continuità». Tale riconoscimento ha contribuito a valorizzare un tesoro (i cui pregi riguardano l’ambito della salute, del benessere, ma anche quello economico e ambientale) che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri nonni, forse in modo inconsapevole. La dieta mediterranea deve essere quindi tutelata, ma anche riscoperta, poiché, purtroppo dagli anni ‘50, si è assistito ad un progressivo allontanamento da questo modello alimentare. 

Attualmente la popolazione del bacino mediterraneo non segue più un’alimentazione tradizionale e questo riguarda anche la popolazione italiana e in particolare gli adolescenti. Sempre più diffuse sono le abitudini “occidentalizzate” e “globalizzate” caratterizzate da alto consumo di cibi industrializzati, pronti, confezionati, di ridotto dispendio energetico, di maggiore consumo calorico, di maggior assunzione di grassi saturi, di ridotta assunzione di fibre e carboidrati complessi, di frutta e verdura con conseguenze negative sia per la salute delle persone che del pianeta. 

Il mondo scientifico concorda nel considerare la dieta mediterranea come un modello alimentare vario ed equilibrato, inoltre i tanti studi effettuati nel corso degli anni hanno mostrato un importante ruolo nel ridurre il rischio cardiovascolare, il diabete mellito di tipo 2, le malattie neurodegenerative e alcuni tipi di tumori, oltre al ruolo protettivo per la salute del microbiota intestinale. La dieta mediterranea, oltre ad un importante patrimonio storico e culturale, rappresenta quindi un vero e proprio strumento di sanità pubblica per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili.

Essa va intesa non solo come regime alimentare, ma come un vero e proprio “stile di vita” che prevede un’adeguata attività fisica (in sostituzione del lavoro fisico, sempre meno presente), un adeguato riposo, uno stile di vita frugale (cioè non mangiare oltre il necessario) e “lento”, ossia in equilibrio con i tempi della natura. Ancora, il rispetto della stagionalità che permette di tutelare la biodiversità rende questo modello tra i più salutari anche per il nostro pianeta. Infine nella cultura mediterranea il ruolo dato alla convivialità ci ricorda che il cibo non serve solo al sostentamento fisiologico ma richiama il valore della condivisione come espresso da Plutarco, filosofo greco del I° secolo d.C., «Non ci sediamo a tavola solo per mangiare, ma per mangiare insieme». 

Ecco alcuni consigli per riscoprire la “vera” dieta mediterranea: consumare giornalmente frutta e verdura, dare la preferenza ai legumi e ai carboidrati in forma di cereali (riso, orzo etc.), e se lavorati, come il pane e la pasta, scegliere quelli preparati con farine integrali (e senza aggiunta di grassi, perché spesso quelli usati sono di bassa qualità), consumare giornalmente grassi buoni come quelli presenti nell’olio di oliva e nella frutta secca, limitare l’assunzione di carne, scegliendo quella provenienti da allevamenti non intensivi (lo stesso vale per il pesce e le uova), limitare il consumo di latticini e formaggi e preferire quelli provenienti da preparazioni artigianali. Limitare, meglio ancora eliminare, i cibi industriali e confezionati, gli insaccati e i superalcolici. In generale è consigliato scegliere i prodotti locali, freschi e stagionali e preferire la qualità alla quantità del cibo!

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