Gli interferenti endocrini
Si tratta di sostanze che sembrano essere in grado di mimare o bloccare l’azione degli ormoni andando a legarsi ai loro recettori presenti sulle cellule, “imbrogliandole”
di Mariantonia Monni
4' di lettura
20 Febbraio 2024

Gli interferenti endocrini (IE) sono sostanze potenzialmente in grado di danneggiare la salute alterando il sistema endocrino. Tale sistema è coinvolto nella regolazione di varie funzioni (metabolismo, comportamento, riproduzione, immunità) ed è formato da ghiandole endocrine che producono ormoni. Questi, come per es. l’insulina, gli ormoni sessuali, la melatonina, circolando nel sangue e legandosi a recettori specifici posti sulle cellule bersaglio ne influenzano il funzionamento.

Gli IE sembrano essere in grado di mimare o bloccare l’azione degli ormoni andando a legarsi ai loro recettori presenti sulle cellule, “imbrogliandole”. Gli IE sono tanti, possono essere di origine naturale, come i fitoestrogeni contenuti in alcune piante (nella soia) o di origine sintetica, prodotti dall’uomo. Eccone alcuni: pesticidi, prodotti di combustione dei rifiuti plastici (es. diossina), additivi della plastica come ftalati (presenti nel PVC, ma anche nei cartoni per cibo da asporto, in alcuni smalti per unghie, vernici) e bisfenolo A (usato in recipienti per uso alimentare e nel rivestimento interno di molte lattine per alimenti e bevande). Ancora: gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) presenti nel fumo di sigaretta, negli scarichi delle auto, ma anche nella carne alla griglia o cibi affumicati; l’acido perfluoroctanico (PFAS) costituente del rivestimento delle pentole anti-aderenti e altre sostanze derivanti da processi industriali o dallo smaltimento dei prodotti per la pulizia (industriali o domestici) non a norma.

Gli IE possono essere presenti anche nei giocattoli, mobili e cosmetici ed è quindi molto facile entrarne in contatto. Inoltre poiché sono in grado di accumularsi nell’acqua, nel suolo e nei cibi, possono persistere nell’ambiente, causare una esposizione prolungata, con danni spesso non visibili nell’immediato. Queste sostanze possono essere inalate, assorbite con la pelle e poiché entrano nella catena alimentare, finire sulla nostra tavola. Tra i cibi, le principali fonti di IE, sembrano essere carne, pesce, in particolare di animali “grandi” (più grandi sono, più cibo mangeranno e più IE accumuleranno nel corso della loro vita), latticini e uova. Anche il tipo di cottura è importante: affumicatura, grigliatura e arrostimento sembrano rendere il cibo più ricco di IE. 

Nell’uomo gli IE sembrano essere coinvolti nella genesi di tumori, malformazioni congenite, alterazione del sistema immunitario e malattie metaboliche. Ecco alcuni consigli per ridurre l’esposizione agli IE. Non riutilizzare recipienti monouso in plastica, non usare padelle antiaderenti se il rivestimento interno è rovinato, non acquistare quelle prodotte fuori dall’Europa, non travasare cibi e liquidi caldi in contenitori di plastica non specifici per le alte temperature, non mangiare cibi con parti carbonizzate e ridurre il consumo di quelli affumicati. Risciacquare frutta e verdura in busta e cibi in scatola prima di consumarli, ancor meglio preferire i prodotti freschi e biologici e usare pellicola e carta per alimenti seguendo sempre le indicazioni d’uso. Garantire un’adeguata ventilazione degli ambienti durante la cottura dei cibi anche con la cappa aspirante, evitare mobili fabbricati con PVC morbido e vestiti trattati con prodotti idrorepellenti e antimacchia, lavare in lavastoviglie solo i prodotti che riportano in etichetta tale indicazione. 

Attualmente è davvero difficile evitare gli IE, praticamente diffusi ovunque nell’ambiente, tuttavia, è importante cercare di limitarne il più possibile l’esposizione, in attesa di ulteriori studi che permettano una valutazione completa dei rischi e, si spera, di una legislazione più severa e chiara che tuteli la nostra salute.

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