Le donne del passato ci parlano oggi
Violenza contro le donne. Un percorso di riflessione critica per prendere consapevolezza di un fenomeno terribile e drammatico le cui radici affondano nella storia antica e nel mito
di IV B Liceo Classico Nuoro
Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne (particolare) (1622 - 1625), Galleria Borghese, Roma
13' di lettura
17 Dicembre 2023

«Di tutti gli esseri viventi che hanno intelligenza, noi donne siamo gli esseri più infelici; prima di tutto bisogna che noi con eccesso di ricchezza compriamo uno sposo, come anche padrone del corpo: […] per le donne non sono onorevoli i divorzi, né è possibile ripudiare lo sposo. E dicono che noi viviamo in casa una vita senza rischi, mentre quelli combattono con la lancia; ma si sbagliano, perché tre volte sarei disposta a stare presso lo scudo piuttosto che partorire una volta sola» (Euripide, Medea, v. 230 ss.).

«Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore» (Sofocle, Antigone).

Dove sono Ifigenia, Claudia Ottavia, Apronia, Annia Regilla, Orazia e Prima Florenzia?
La vita di giovani donne spezzata dal possesso dell’uomo.
Tutte, tutte, ora sono libere.
Una morì per mano del padre,
una per la crudeltà del marito,
una gettata dalla finestra,
una per la violenza furiosa di un liberto,
una per l’eccessivo amore del fratello per la patria,
una gettata nel Tevere dal marito.
Tutte, tutte, ora sono libere.
Rosaria Lopez, Elisa Claps, Dina Dore, Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin, ed esse dove sono?
una uccisa da uno stupratore,
una da un maniaco,
una da un mandante del marito,
una dal padre del figlio che portava in grembo,
una dall’ex fidanzato.
Tutte, tutte, ora sono libere.
E che nessuna viva più nel disonore!

Il 25 novembre si è celebrata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: profondamente scossi dalla tragica notizia della recente uccisione di un’altra giovane ragazza abbiamo costruito un percorso di riflessione critica per prendere consapevolezza di un fenomeno terribile e drammatico le cui radici profonde affondano nella storia antica e nel mito. Sono solo storie, sono state scritte per raccontare, non sempre per denunciare. In alcuni casi si tratta di miti, che potrebbero però avere un fondo di verità, Sono storie di violenza fisica e psicologica, come quella che racconta di Ifigenia, sacrificata dal padre per ragioni di potere, o come quella delle giovani Danaidi costrette a sposarsi contro il loro volere. Ma ci sono anche storie vere, purtroppo, come la vicenda di Lucrezia, violentata da Tarquinio il Superbo; o come l’uccisione da parte di uno degli Orazi della sua giovanissima sorella. «Sic eat   quaecumque Romana lugebit hostem», «Così muoia qualunque Romana piangerà un nemico», affermò Orazio dopo aver trafitto la sua innocente sorella e aver infangato il suo nome sul suo cadavere con terribili parole. Sarà stata l’ira impetuosa di un eroe di patria accecato dal sentimento del tradimento tanto da scordare il valore dell’amore di una sorella, o l’emersione di un’atroce educazione androcratica e femminicida che infestava il suo animo e il suo sangue? In ogni caso, è stata una pura fanciulla a dover abbandonare il sogno di una vita ricca di avventurose esperienze, e di nuovo a causa dell’implacabile ed egoista furia di un uomo. Ed anche le epigrafi, patrimonio inesauribile di valore documentario, offrono testimonianze significative e pregnanti di donne “comuni” che si sono legate ad un uomo sperando di trovare così la felicità: non tutte hanno avuto successo; infatti spesso l’uomo che doveva portare loro alla serenità si è rivelato essere il loro carnefice, colui che le ha strappate alla vita, diventando strumento del “tempus edax”, il tempo che tutto divora. Storie che sono accadute, accadono, ovunque nel mondo, perché le sofferenze delle donne, le lotte, le discriminazioni non hanno confini. Conoscerle significa compiere un passo per educare affinché si possa costruire un presente e un futuro migliori. Vogliamo sperare che la nostra voce sia più forte della violenza. 

Ci siamo soffermati in modo particolare sul mito di Apollo e Dafne raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi. Dopo aver ucciso il serpente Pitone, Apollo fiero ed orgoglioso, si vanta della sua impresa con Cupido, dio dell’Amore, e lo schernisce. Cupido irato decide allora di vendicarsi: colpisce il dio con la freccia d’oro che faceva innamorare, e la ninfa Dafne, di cui sapeva che Apollo si sarebbe invaghito, con la freccia di piombo che faceva rifuggire l’amore. Apollo, non appena vede Dafne, figlia del dio-fiume Peneo, se ne innamora. La fanciulla però, che rifiutava l’amore, per dedicarsi piuttosto alla caccia come seguace di Diana, colpita dalla freccia di piombo di Cupido, alla vista del dio fugge. Apollo la insegue ma la ninfa continua a correre, finché, ormai quasi sfinita, giunge presso il fiume Peneo, e chiede al padre di aiutarla facendo dissolvere la sua forma. Dafne si trasformò così in albero d’alloro prima che il dio riuscisse ad averla. La lettura di questo racconto ha sollecitato diverse riflessioni che in qualche modo ci richiamano alla attualità: è la perenne universalità del mito, capace ancora oggi di interrogarci e di interpellare le nostre coscienze. Evidenziamo di seguito alcune considerazioni.

La scelta non deve essere una condanna
La giovane ninfa Dafne, appartenente alle Naiadi viene associata prevalentemente ai corsi d’acqua dolce, come ruscelli e sorgenti, risulta dunque “fluida”, scorrevole come l’acqua, continua e irraggiungibile nella sua meta prevista, infatti adorava la vita tra i boschi e amava la libertà, (v. 475-476: «gode del buio dei boschi… emula della vergine Diana») desiderando una perpetua verginità, rifacendosi alla dea Diana. Era bella, nella sua semplicità, sebbene non si curasse dell’aspetto esteriore, («una semplice benda le raccoglie i capelli scomposti») perciò si mostrava affascinante, perché come disse Oscar Wilde: «Se Dio non avesse fatto la donna, non avrebbe fatto il fiore», infatti una donna non deve per forza rispettare i canoni o i desideri maschili per definirsi e realizzarsi come bella, poiché basta soltanto un ornamento, o magari neanche quello, per farla divenire splendida, nella sua medesima persona (come la freschezza dei fiori). Nel testo si evidenzia il fatto che fosse “impossibile” concretizzare il desiderio della fanciulla (essere vergine, chiede al padre v. 485-486: «Concedimi… di godere di una perpetua verginità» v. 488-489, «Ma è questa tua bellezza, o Dafne, che non permette che tu rimanga come vorresti» è la risposta), perché bella e infatti questa sua qualità viene spenta dall’ amore” di Apollo, cosicchè ella desidera essere trasformata in albero di alloro, per scappare dal dio.
Purtroppo la bellezza femminile non è sempre rispettata, ma oggetto di violenza, di ostacolo alla sua libertà, di desiderio ossessivo, di possedimento volontario, ancora oggi. È comunque diritto di ogni donna scegliere la sua vita, dire no oppure sì, senza essere oppressa, come recentemente è stata la dolce giovane Giulia Cecchettin. 

La ribellione di Dafne: unesortazione alla libertà e allautonomia
«Lei invece non vuol neppure sentire la parola “amore” e gode del buio dei boschi e delle spoglie degli animali selvatici che prende, emula della vergine diana: una semplice benda le raccoglie i capelli scomposti. Molti chiedono la sua mano, ma essa respinge i pretendenti e decisa a restare senza marito». Colpisce nel racconto di Ovidio la scelta di Dafne di rifiutare l’amore e di abbracciare uno stile di vita libero e selvaggio, simile a quello della dea Diana. La sua decisione di respingere i pretendenti e di voler rimanere senza marito può essere interpretata come un atto di ribellione alle aspettative sociali e culturali dell’epoca. Nella mitologia greca, molte donne sono spesso associate a ruoli legati al matrimonio e alla maternità, ma Dafne sfida queste convenzioni scegliendo una vita indipendente e vicina alla natura. Il fatto che lei «goda del buio dei boschi e delle spoglie degli animali selvatici» suggerisce un legame profondo con la natura e una predilezione per uno stile di vita libero e non vincolato dalle norme sociali. La menzione che «molti chiedono la sua mano, ma essa respinge i pretendenti» sottolinea la sua determinazione nel preservare la propria autonomia, rappresentando un atto di innovazione o ribellione contro le aspettative tradizionali sulle donne come proprietà degli uomini o figure legate al matrimonio. Dafne incarna l’indipendenza e l’autonomia femminile in un contesto dove queste qualità erano spesso subordinate ai ruoli tradizionali. La sua scelta di non innamorarsi e di vivere liberamente rappresenta una dichiarazione di autonomia e il desiderio di una vita in armonia con la natura, piuttosto che vincolata dalle costrizioni sociali

«Me miserum!»: la compassione non è una debolezza, ma una virtù
Degli studi hanno dimostrato che le donne sembrano ricevere una risposta chimica lievemente più gratificante rispetto agli uomini quando si impegnano in comportamenti generosi. Tale soddisfazione purtroppo è spesso interpretata come una debolezza da parte di uomini che se ne approfittano a proprio vantaggio per poter ottenere ciò che vogliono, in termini di egoismo rispetto a ciò che al contrario la donna preferisce. Proprio come Apollo che grida «Me miserum!», allo scopo di stuzzicare il buon animo di Dafne, commuoverlo, o addirittura colpevolizzarlo facendola sentire l’unica responsabile di tale dolore, nonostante la sadica consapevolezza che questo travolga anche lei. Proprio come il caso dell’uccisione di Giulia Cecchetin, perseguita prima verbalmente dal suo ex-fidanzato e assassino Filippo Turetta, il quale parlava di un «amore» egoistico, unilaterale e ossessivo, e perché fosse corrisposto riversava la colpa del suo dolore sulla povera Giulia. Amare non significa essere amati. Amare può far male, poiché questo vuol dire volere la libertà dell’altro e di se stessi, e non sempre la libertà corrisponde a un’unione. 

«Amor est mihi causa sequendi.» In questo verso Apollo sostiene che le sue azioni, tra cui l’inseguimento di Dafne, siano fatte per amore, dando perciò all’amore non più una connotazione di stima e bene reciproco ma piuttosto di egoismo che non si ferma davanti ad un no della persona amata che non corrisponde. L’amore viene dunque usato come pretesto per cercare d’imporsi sulla donna amata, in questo caso Dafne, nonostante il suo rifiuto. Un esempio di tale concezione è nella storia di Marguerite de Carrouge su cui s’impose con violenza uno scudiero: egli giustifica la sua azione con parole d’amore. Si nota appunto come moltissimi uomini, sia al giorno d’oggi che nell’antichità, usino l’amore come scusa per ogni azione compiuta verso la donna amata, vista come oggetto di desiderio, a prescindere dal fatto che queste siano fatte ai danni della donna o meno.

A proposito di «amore» 
Il testo tratto dalle Metamorfosi offre sicuramente molti spunti di riflessione sul tema amoroso. Infatti se da una parte Apollo brucia d’amore verso Dafne, quest’ultima dall’altra prova disgusto verso lui. Si tratta di un’ immagine estremamente attuale, che porta la giovane a doversi annullare per sfuggire alle brame del suo inseguitore, ciò si verifica attraverso la sua trasformazione in una pianta. L’innamoramento di Apollo si rifà unicamente all’attrazione fisica suscitata dalla fanciulla, ma si tratta di un amore tossico ed estremamente superfluo, poiché l’attrazione è esclusivamente fisica e non c’è spazio per l’intelletto. In realtà nemmeno si può parlare d’amore, poiché l’amore è una fiamma in cui bruciano entrambi gli amanti e di cui non solo uno è partecipe e protagonista. Quando questa condizione va a mancare a causa della non accettazione ovvero del rifiuto altrui, allora si generano scenari tragici, a cui purtroppo ancora oggi assistiamo troppo spesso

Quando lamore non è ricambiato
Nel testo di Apollo e Dafne emerge un amore non corrisposto tra i due, il quale è causa della rovina di Dafne. Di fatto Apollo non pone un freno al suo desiderio e perseguita la giovane ninfa senza ragionare e senza darle minimamente ascolto. Per sottrarsi alla persecuzione del dio, Dafne prega il padre di trasformarla in una pianta, perdendo la possibilità di vivere liberamente come sino ad allora aveva fatto.  Purtroppo si riscontrano troppi casi in cui questo succede, in cui un uomo cerca di possedere la donna amata e se non riesce nel suo intento ne determina la fine.

Fa riflettere come in questa sua caccia alla ninfa, Apollo giustifichi le sue azioni in quanto dettate dall’amore scatenato da Eros. Allo stesso modo sono tanti gli assassini che giustificano le loro azioni sostenendo di aver agito in preda all’amore. Questi fatti non possono mai scaturire dall’amore, in quanto contraddicono il concetto stesso di amore.

L’amore è una cosa ben precisa, e il rispetto e la libertà stanno alla sua base, così come ne sta alla base il voler sempre il bene dell’altro, a prescindere che si sia corrisposti o meno.         

La nostra riflessione si conclude con una rielaborazione in lingua sarda nuorese dell’alunno Nicola Alpigiano del racconto di Ovidio, a testimonianza di quanto esso possa essere ritenuto universalmente in grado di parlare anche attraverso la nostra lingua senza perdere il suo profondo significato e la sua pregnanza.

A sa libertade amorosa 

Apollo pro sa sua balentia
at connottu s’amorosa saetta,
su pistichinzu chi non connoschiat
est cussu chi in pena lu ghettat.
S’epoca de su pasu est finia
e Cupido che magu chin bacchetta
l’at mudau in coro su sentimentu
su cale andat a esser unu patimentu.
Dafne non la cheret azetare
custa sentia e biba passione
e semper ferru ferru at a negare
s’austera e odiosa obricassione.
A tottu omines fachiat disisperare
nande ”non nde chirco de unione”,
e Apollo disizabat su cojubiu
ca in pettorras s’amore fit sentiu.
In arbore cambiat sa carena
sa povera pizzinna innossente,
teracca sola e femina impotente
chi gai est morta pro amorosa pena.
Sas operas classicas lontanas
sichint galu a nos negossiare
de tottu sas malissias umanas
e a narrer comente si cumportare.
Custas leziones sapias e sanas
las depimus bene ascurtare
pro cumprender itt’est s’amore
e non committere su mattessi errore.

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--