A proposito di miti
Il mito è sicuramente il primo modo fantastico con cui l’uomo ha cercato di comprendere la natura e suoi fenomeni, per dare una spiegazione della realtà che lo circondava
di IV B Liceo Classico Nuoro
John William Waterhouse, Eco e Narciso (1903), Walker Art Gallery, Liverpool
10' di lettura
17 Marzo 2024

Che cosa sono i miti? Sono straordinarie storie, fantastiche e fiabesche, tramandate oralmente, che possiedono un significato simbolico legato ad aspetti fondamentali della esperienza e della psicologia di ogni uomo e che pertanto acquistano un valore che possiamo dire universale. Il patrimonio mitologico dell’antichità greca e latina è davvero sterminato, perciò nelle righe che seguono accenniamo ad alcune particolari narrazioni mitologiche che possiamo interpretare proprio in chiave simbolica, dato che la cultura classica è ricchissima di miti che rimandano a moltissimi aspetti della condizione umana. Il mito è sicuramente il primo modo fantastico con cui l’uomo ha cercato di comprendere la natura e suoi fenomeni, per dare una spiegazione, anche se a volte non realistica o plausibile, della realtà, di ciò che vedeva e che lo circondava. Esso ha anche un valore molto educativo, può configurarsi come le favole che si raccontano ai bambini per insegnare loro quali comportamenti non bisogna attuare, ma è destinato a tutti, soprattutto agli adulti. Basandosi sulle credenze nelle divinità i Greci e i Romani sviluppano i miti, cercando di spiegare l’origine del fuoco con il mito di Prometeo, quella della donna con il mito di Pandora ecc. Un solo mito può affrontare più temi: ad esempio il mito di Pandora tratta sia dell’origine della donna sia di quella dei mali che colpiscono l’uomo. Inoltre le narrazioni mitologiche hanno anche una forte carica morale, infatti, il principale scopo, oltre a spiegare, è anche insegnare, “docere”, perché, riportando dei racconti, essi espongono quali siano i valori da perseguire e quali i vizi da abbandonare. Il mito quindi non esprime altro che un desiderio, una bramosia tipica della natura dell’uomo, ovvero avere la possibilità di ottenere una nuova capacità, che, dalla nostra prospettiva, sia in grado di mutare positivamente e migliorare la nostra vita. 

Consideriamo ad esempio il mito di Mida, sovrano che ottiene di trasformare in oro tutto ciò che tocca, o quello di Icaro, le cui ali di cera lo avvicinano troppo al Sole fino a farlo precipitare. La brama d’oro di Mida come il volo di Icaro riportano alla mente il desiderio, proprio e caratteristico della condizione umana, di immortalità, di elevarsi da una realtà finita ad una infinita, senza, però, valutare in partenza, con la dovuta attenzione, i possibili effetti della propria “ὕβρις” e del proprio “folle volo” Uno dei messaggi principali che i miti intendono trasmettere consiste sicuramente nell’allertare l’uomo e metterlo in guardia dalle proprie mire e brame, in quanto un’opportunità idilliaca, che ai nostri occhi appare vantaggiosa e conveniente, può avere conseguenze e risvolti negativi, trasformandosi in un incubo. L’obiettivo fondamentale di tali racconti, perciò, consiste nel dissuadere l’essere umano, fallibile e volubile, dai desideri più esagerati e smodati. Pertanto, senza dubbio, possiamo asserire che si assegna a queste narrazioni un ruolo di tipo moralistico e pedagogico. 

Il mito di Perseo e Andromeda fa parte dell’ampio gruppo di miti a carattere amoroso contenuti all’interno delle “Metamorfosi” di Ovidio. L’incontro tra Perseo e Andromeda avviene poco tempo dopo l’uccisione della gorgone Medusa da parte dell’eroe. Mentre Perseo sorvolava le coste etiopi sulla groppa di Pegaso, il mitico cavallo alato nato dal sangue del mostro, vide Andromeda incatenata ad uno scoglio. La giovane, principessa dell’Etiopia, era stata condannata da un oracolo ad essere sacrificata al mostro marino Cetus per rimediare alle colpe della madre, Cassiopea, la quale si era dichiarata più bella perfino delle Nereidi, provocando l’ira di Poseidone e condannando il suo regno a subire gli attacchi di un mostro terribile come punizione per le sue azioni. L’eroe greco si innamorò immediatamente di Andromeda, e si offrì di liberarla chiedendo in cambio la sua mano. Lo scontro tra i due fu feroce, ma Perseo riuscì a sconfiggere il nemico cavandogli un occhio e mostrando a quello sano la testa di Medusa. Tramutatosi in pietra, Cetus cadde nel mare, simile ad uno scoglio. Perseo, invece, prima di raggiungere la promessa sposa, si lavò le mani, poggiando la testa della gorgone su alcune alghe che si trasformarono in corallo. Dopo aver ringraziato gli dei con grandi sacrifici, Perseo e Andromeda celebrarono il matrimonio. Certamente il racconto offre moltissimi spunti di riflessione al di là del tema dell’amore, ben più interessanti. Prima di tutto, è importante analizzare il concetto della “colpa dei genitori che ricade sui figli”: Andromeda è costretta a soffrire per salvare il suo popolo dal mostro a cui l’ha condannato la superbia della madre. La ragazza nel concreto non ha colpa di ciò che sta accadendo, se non l’essere la figlia di Cassiopea, che ha suscitato l’ira del dio del mare. Questo aspetto, se ci pensiamo, è molto attuale, perché ancora oggi i figli vengono spesso giudicati tramite le azioni dei genitori. Di contro, il personaggio di Perseo mostra l’importanza di saper ricorrere alla propria astuzia e sagacia nelle situazioni opportune, sia che si tratti di raggiungere i propri obbiettivi sia che si debba trovare un modo per trarsi d’impaccio. Ci insegna che nella vita è fondamentale affidarsi alle proprie capacità e saper sfruttare i propri punti di forza. 

Nel mito di Narciso ci viene presentato un fanciullo alquanto scontroso che per troppa vanità viene punito dagli dei. Il mito rappresenta il tema dell’amore non corrisposto e dell’egoismo di Narciso, talmente ossessionato dalla sua stessa figura da non riuscire ad amare nessun altro, isolandosi completamente e non capendo l’effetto che si ha sugli altri, fino a diventare simbolo vero e proprio dell’egoismo. La storia infatti viene intesa come un avvertimento contro un’eccessiva vanità e mostra l’importanza di riconoscere i propri limiti senza tentare di superarli, Narciso, non avendoli capiti, diventa ossessionato da se stesso fino a quando questa stessa ossessione lo porta alla morte. Da qui si può capire come Narciso abbia peccato di hybris, macchiandosi di superbia dopo aver respinto tutti i suoi pretendenti e perciò è condannato ad innamorarsi di se stesso. Oggi infatti con il termine “narcisismo” e “narcisista” indichiamo una persona che prova troppo amore per se stessa. 

Il mito di Sisifo fa riflettere su quanto l’uomo sia impotente di fronte al corso degli eventi e in particolare tratta del rapporto dell’uomo con la morte. Sisifo infatti cerca inutilmente di sfuggirle, e per farlo intrappola la morte stessa, una divinità, peccando di ybris. Non solo non riuscirà nel suo intento ma verrà punito dagli dei. Il desiderio di immortalità è innato nell’uomo, tanto che esso è presente in tantissime opere letterarie di varie epoche. E’ come se l’uomo vedesse nella morte, oltre che il termine della sua vita terrena, anche la negazione del senso ultimo della sua esistenza. Sarebbe troppo strano semplicemente disgregarsi nel nulla dopo aver pensato, aver provato emozioni, aver vissuto. Per questo anche oggi l’uomo vive cercando di esorcizzare il pensiero della morte, quasi come se questa non potesse toccarlo. 

Il mito di Europa cela in sé molteplici chiavi di interpretazione: una è di tipo metaforico, incentrata sulle conquiste e i domini politici: Europa viene infatti rapita per mano di un potere superiore e portata su un’altra terra, ciò che allude alle conquiste ed alle colonizzazioni di popoli e territori Ma poiché Europa era di origine fenicia, il mito può essere interpretato anche come una rappresentazione simbolica dell’incontro tra Oriente e Occidente, poiché il rapimento da parte di Zeus la porta verso l’Occidente dalla sua terra d’origine, l’Oriente (Creta, la terra dove Europa viene portata da Zeus, era considerata un centro di civiltà e cultura nell’antichità). Quindi, il mito potrebbe essere visto anche come una rappresentazione della diffusione della civilizzazione e delle arti attraverso gli incontri e gli scambi tra diverse culture. 

Nel mito di Aracne, donna che osa sfidare una dea nell’arte della tessitura e per questo viene trasformata in ragno, si sottolinea sempre quella prepotenza, quella Ybris, in cui l’uomo è solito cadere e per cui viene spesso punito. 

Spesso il mito ha anche una funzione eziologica, ovvero di spiegare l’origine di un qualcosa. Ad esempio il mito di Apollo e Dafne serve per spiegare la nascita della pianta d’alloro, simbolo del dio del Sole. 

Il mito di Orfeo ed Euridice ha come tema principale l’amore, che è capace di unire le persone anche dopo la morte. Orfeo ha attraversato l’inferno, si è mostrato davanti ad Ade e Persefone e li ha supplicati di liberare la moglie. Quando, dopo la morte di Orfeo per mano delle Baccanti, si incontrano di nuovo, non potranno più separarsi. Da allora è possibile udire il suono di bellissime melodie che fluttuano tra i boschi e i prati. Ecco lo scopo di questo mito, ovvero spiegare l’origine della musica e dei suoni che si possono sentire nella natura. 

Anche nel mito di Niobe ricorre il concetto di ύβρις. La protagonista del racconto ha partorito quattordici bellissimi figli ma ciò non la rende migliore di una Dea e da quest’ultima verrà punita. I suoi figli saranno uccisi. Verrà punita fino a rimanere da sola, fino a chiedere di essere tramutata in pietra per non soffrire. Ed anche ormai pietra ella continua a piangere incessantemente, il dolore non svanisce.
Il termine Niobe deriva dal greco “Νιόβη” che vuol dire “piena di rugiada” il cui significato richiama l’acqua, l’essere ricoperta da essa, dalle lacrime. Viene correlata anche al termine “νίπτω” che significa “bagno” quindi richiama sempre l’acqua. Ancora una volta la mitologia insegna l’importanza del rispetto delle divinità.

I miti: racconti fantastici, narrazioni avvincenti, ma soprattutto fonte di insegnamenti e verità universali, poiché in fondo l’uomo è sempre uguale a se stesso in tutti i tempi.

A cura degli alunni delle classi IV B e IV C
Coordinamento didattico Venturella Frogheri

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