La sindrome dell’intestino irritabile
Si tratta di una patologia complessa, la cui origine è sconosciuta e multifattoriale
di Mariantonia Monni
4' di lettura
16 Marzo 2024

È una patologia funzionale dell’apparato digerente molto diffusa, soprattutto nelle donne. È una malattia cronica che causa un peggioramento della qualità di vita con un grande impatto anche economico, perché spesso causa assenza dal lavoro (la fascia più colpita è quella tra i 20-40 anni) e necessita di diversi esami e visite prima di essere correttamente diagnosticata. I sintomi sono diversi, quello principale è il dolore addominale, spesso diffuso e variabile con l’evacuazione. Spesso si associa gonfiore, tensione addominale e meteorismo, sensazione di non aver evacuato completamente (tenesmo) e presenza di muco nelle feci. Altra caratteristica importante è la presenza di alterazioni del transito intestinale e dell’aspetto e consistenza delle feci. Proprio sulla base di quest’ultime si possono individuare le varianti: IBS-C (alvo prevalentemente stitico), IBS-D (alvo prevalentemente diarroico) e IBS-M (alvo misto). 

Si tratta di una patologia complessa, la cui origine è sconosciuta e multifattoriale. Alcuni di questi sembrano essere: genetici, fattori psicosociali, alterazioni motorie dell’intestino, alterata secrezione e ipersensibilità viscerale e infiammazione della mucosa intestinale. Un ruolo importante sembrano avere l’alterazione del legame tra intestino-cervello e del microbiota intestinale, che risulta presentare una ridotta biodiversità (riduzione di batteri ad attività antinfiammatoria e aumento di quelli ad attività proinfiammatoria). 

In presenza di sintomi è fondamentale rivolgersi al medico anche per la diagnosi differenziale, infatti l’IBS può sovrapporsi, confondersi o nascondere altre patologie (malattie infiammatorie intestinali, celiachia, tumori), per cui è importante fare diagnosi in particolare in presenza di sintomi detti “di allarme” (dimagrimento improvviso, sangue nelle feci, perdita di appetito ecc.). 

Per la terapia esistono varie possibilità, ma poichè l’origine della malattia è multifattoriale essa agisce soprattutto sui sintomi. In alcune persone sono di aiuto i farmaci per il dolore, in altre i farmaci antidepressivi. In base alla variante si possono usare farmaci per la stitichezza o per la diarrea, inoltre i probiotici e la psicoterapia possono essere di grande supporto. Anche l’alimentazione corretta è fondamentale per la cura di questi pazienti, sia perché evita il peggiorare delle alterazioni già presenti sia perché permette di ridurre i sintomi. 

Alcuni consigli generali: fare pasti regolari e masticare correttamente, garantire adeguata idratazione, limitare il consumo di caffè e the, eliminare bevande alcoliche, gassate, zuccherate e dolcificate, limitare i latticini, evitare digiuno prolungato e assumere quantità controllate di fibra in relazione all’alvo (limitarle in presenza di diarrea). In alcuni casi può essere indicato seguire per un periodo controllato, una alimentazione povera di zuccheri a catena corta, scarsamente assorbiti nell’intestino tenue, che una volta nel colon, possono causare fermentazione e peggiorare i sintomi. È importante evitare il fai da te, perché questa dieta, che prevede la riduzione o in alcuni casi l’eliminazione di alcuni cibi per un certo periodo di tempo, può creare delle carenze nutrizionali se non eseguita correttamente. Con un approccio integrato tra uso di farmaci, corretta alimentazione, stile di vita attivo e sostegno per la gestione dello stress nonché per un sonno di qualità, è possibile aiutare le persone affette da IBS a vivere una vita normale. 

Ricordo che queste informazioni hanno uno scopo esclusivamente informativo e in nessun caso possono sostituire diagnosi e trattamento personalizzati che solo il rapporto diretto con il medico possono assicurare. Quindi qualunque disturbo, segnale o sintomo vanno sempre riferiti al proprio curante che rimanderà allo specialista.

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