Vincent Van Gogh, Notte stellata (1889), Museum of Modern Art di New York
Ridestare il desiderio per fare comunità
di Francesco Mariani

4 Gennaio 2024

3' di lettura

Il titolo che l’istituto di ricerca Censis ha scelto per descrivere la società italiana nel suo rapporto annuale, uscito un paio di settimane fa, è davvero emblematico: Un Paese di sonnambuli. Siamo precipitati in un sonno profondo che ci impedisce di vedere le grandi sfide reali che ci attendono. Una fra tutte è il calo demografico che, in Italia, tra 25 anni porterà alla scomparsa di 4,5 milioni di persone. Al contrario, viviamo in uno stato di perenne emergenza, amplificato soprattutto dall’emotività, più che dalla realtà dei fatti. La paura spesso blocca tutto e sterilizza il desiderare. 

Desiderio, nella sua etimologia, fa riferimento all’attesa e alla supplica che una stella scenda dal cielo, che l’impossibile diventi quotidianità, che l’eterno diventi tempo. L’uomo è strutturalmente desiderio. Quando viene a mancare, quando si sopisce, si va incontro a giorni senza luce, speranza, circoscrittiti nei recinti delle rivendicazioni, pretese verso altri e mai in ascolto della propria coscienza. 

Su Internet, se cliccate la parola “desiderio”, vi appaiono pagine infinite dove essa è ridotta e connessa con la sessualità. Un particolare diventa il tutto. La stella diventa un asteroide più o meno insignificante. L’infinito decade nella banalità del tutto è dovuto e di quello che voglio io. Siamo all’egocentrismo idolatrico, dove l’altro non esiste, oppure va eliminato, sciancato, messo fuori gioco. Il desiderio ridotto a bisogno è un paradosso: il primo è insaziabile e spinge sempre ad andare oltre; il secondo lo puoi appagare ma si traduce in un piacere momentaneo, illusorio.

Una sommatoria di egoismi non fa una comunità, diventa solo una faida condotta non col coltello o il fucile ma con altri mezzi cosiddetti civili. La comunità ci manca perché manca il desiderio, elemento fondamentale per una convivenza serena. L’unico desiderio dell’uomo “globale” è l’assenza di obblighi, di impegni duraturi, di amicizie profonde. I modelli che ci vengono proposti sono la proiezione di una comunità estetica, flessibile, fluida, fondata sulla non appartenenza, un’aggregazione di anime solitarie che evitano di tessere una rete di responsabilità etiche e di impegni a lungo termine. Nel sonnambulismo il futuro è appiattito sull’oggi, o meglio, sull’interesse del momento.Jean Baudrillard, un noto sociologo francese, diceva che gli oggetti del consumismo sono la forma estetica del potere. Te ne affascini ma nel contempo diventi servo altrui, sopendo il desiderio o deviandolo verso dove il padrone vuole.   

C’è una bella canzone di Orune che fa dire all’innamorato, in caso di risposta positiva da parte della donna, est pro me recreu senz’affannu, ossia il compimento felice di un desiderio. Se invece la risposta è negativa, il commento del poeta è che pro me est affannu senza recreu, un affanno senza ristoro, serenità, sorriso. L’augurio, per i nostri carissimi abbonati e lettori, per tutto il mondo è proprio questo: reimpariamo a desiderare, a fare comunità, ad amare il bene comune più della propria carriera, a dire noi piuttosto che un solitario e deludente io, ad avere recreu. Questo è quanto il Natale ci insegna e che, con stupore, consegniamo al nuovo anno.

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