I Vescovi sardi a colloquio con il Papa (photo Vatican Media/Sir)
Per respirare con la Chiesa universale
La visita ad limina
di Monsignor Antonello Mura

17 Aprile 2024

4' di lettura

L’espressione visita ad limina non è immediata, anche se un pò intriga nel pronunciarla: periodicamente i Vescovi del mondo – dovrebbe essere ogni cinque anni, ma diverse motivazioni ne aumentano generalmente il tempo – si presentano alle soglie, cioè alle tombe degli apostoli, per relazionare sullo stato delle proprie Diocesi, incontrando il Papa e tutti i Dicasteri vaticani. Solo l’Italia ha l’antico privilegio, rispetto alle altre Conferenze nazionali, di presentarsi regione per regione, con i propri episcopati. 

Dall’8 al 12 aprile la Sardegna ecclesiale, con i propri Vescovi – otto per dieci Diocesi – ha vissuto questa esperienza, incontrando il primo giorno papa Francesco e avendo successivamente 15 incontri con i responsabili dei Dicasteri (11 complessivamente), più la Segreteria di Stato, la Commissione per la Tutela dei Minori, il Tribunale della Rota Romana e la Segreteria Generale del Sinodo.

Conclusa la Visita, la prima constatazione che viene da fare è la seguente: non abbiamo nascosto nulla! E non sembri banale o superfluo dirlo. Ci siamo sentiti, insieme e singolarmente, liberi di esprimere la situazione che viviamo, le positività del nostro servizio, ma anche le domande, le fatiche e perfino le sofferenze che ci accompagnano. Ci siamo sentiti ascoltati, incoraggiati, e abbiamo accolto gli inviti che ci sono stati rivolti come un appello a rispondere sempre meglio alle necessità delle nostre Chiese. Il respiro universale della Chiesa era presente in ogni incontro e nei dialoghi, motivo per confermare la gioia di farne parte e contribuendo a riconoscersi in un orizzonte più ampio dei propri confini diocesani. 

Abbiamo vissuto fraternamente tra noi, celebrando nelle quattro basiliche vaticane, pregando e sentendo vicino la nostra gente, rappresentata nelle celebrazioni e nell’Udienza generale da diversi sardi presenti a Roma, tra essi i sacerdoti studenti, oltre ad altri venuti dalla Sardegna, tra i quali gli educatori e i seminaristi del Maggiore e dei Seminari minori. 

In questo contesto, grazie al richiamato clima fraterno, è giusto sottolineare alcuni temi che sono ritornati nei vari incontri, molti anticipati nell’incontro iniziale col Papa. Prioritaria per tutti la questione della trasmissione della fede, con la consapevolezza che strumenti e modalità devono cambiare, pur in un contesto come il nostro dove la pietà popolare mantiene viva la memoria e continua ad arricchire i legami con la comunità. Impossibile dimenticare, visto che ci riguarda da vicino, l’unione in persona episcopi di alcune Diocesi. Il Papa e il Dicastero dei Vescovi ne ha richiamato il significato, ascoltando contemporaneamente le esperienze che si vivono e prefigurando presto una verifica di quanto sta avvenendo attraverso il coinvolgimento diretto dei Vescovi interessati. Molto importante aver richiamato la vicinanza ai sacerdoti, anche con l’incoraggiamento ad affrontare situazioni eterogenee con coraggio apostolico. Alcune urgenze sociali in Sardegna – per individuare il modo di rispondervi – hanno accompagnato altre riflessioni: il lavoro, la sanità, la denatalità, lo spopolamento, l’abbandono della scuola e la fuga dei giovani dall’isola. Altre, più strettamente ecclesiali, hanno riguardato la formazione dei laici e il cammino sinodale. Non poteva mancare il tema della lingua sarda nella liturgia, argomento che necessita, dialogando con la Cei e il Dicastero, di ulteriori chiarimenti e passaggi. Il risultato finale, dopo una settimana impegnativa ma fruttuosa, è di essere stati convocati dalla Chiesa universale per rinvigorire le ragioni della comunione e per sperimentarla sempre più nelle nostre Chiese.

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