Il Consiglio regionale della Sardegna
Oggi ci manca don Luigi Sturzo
di Francesco Mariani

11 Gennaio 2024

3' di lettura

L’altra notte, incupito da come ci si avvia alle elezioni regionali, mi è apparso fugacemente in sogno don Luigi Sturzo. Io lo considero un santo e, in ogni caso, l’uomo politico di cui ci sarebbe bisogno oggi. Perché quando i tempi sono cattivi e la politica perde anche il minimo sussulto di dignità, in Italia, sono stati spesso i preti ad individuare una via di uscita. La laicità della politica nostrana si nutre, paradossalmente, del pensiero di Sturzo, Dossetti (specie lui), Murri, De Cardona, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Baget Bozzo ecc. Certo, nel mondo cattolico, ci sono anche i De Gasperi, La Pira, Lazzati, Fanfani, ecc. Una compagnia decisamente variegata che va anche oltre il perimetro dell’allora Dc. 

Cosa mi ha ricordato Sturzo? Riassumo pensando al Parlamento, alle Regioni, Provincie e Comuni di oggi. Abbiamo bisogno di una politica, economia e magistratura che prendano sul serio la prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa. Magari rileggendo la Laborem Exercens e la Deus Caritas est. Sturzo sapeva che ognuno di noi è erede del peccato originale e pertanto non credeva in una funzione salvifica dello Stato e neanche dei partiti. Non credeva neanche in un partito confessionale dei cattolici. 

Il prete di Caltagirone era convinto della bontà di sussidiarietà e di solidarietà. E soprattutto, vedeva, lucida profezia, quali sarebbero state le tre bestie che avrebbero divorato l’Italia: «Statalismo, partitocrazia, sperpero di denaro pubblico». 

L’altra notte, ho ripensato al racconto di Sturzo: «Era mezzanotte quando ci separammo e spontaneamente… passando davanti la Chiesa dei santi Apostoli picchiammo alla porta: c’era l’adorazione notturna… Durante quest’ora di adorazione rievocai tutta la tragedia della mia vita. Non avevo mai chiesto nulla, non cercavo nulla… Accettavo la nuova carica di capo del Partito Popolare con l’amarezza nel cuore, ma come un apostolato, come un sacrificio». Così, proprio così. Gli costò ventidue anni in esilio. Oggi, c’è qualche cattolico in politica che dice e vive quelle parole?

A Londra e negli Usa, si rafforzò la sua idea che «Alcuni hanno timore della potenza enorme che ha acquistato e acquista sempre più il capitalismo internazionale…Tale timore è simile a quello per le acque di un fiume… Il grande fiume è una grande ricchezza e può essere un grave danno: dipende dagli uomini, in gran parte, evitare questo danno. Quello che non dipende dagli uomini è che il fiume non esista. Così è del grande fiume dell’economia internazionale». 

Sturzo, ma anche gli altri citati, era consapevole che la tecnocrazia non avrebbe creato un mondo perfetto. Prima vi è la dignità umana. Qualcosa da ricordare oggi dove, per dirla con Hegel, vale la disperata-illuministica considerazione che «sul quadrante della storia le singole identità sono pagine bianche». A questo non mi rassegno. E Sturzo neanche. Non siamo pagine bianche e neppure cancellate. La prima politica è vivere. Ecco, questo sarebbe il filo rosso di una buona campagna elettorale.

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