Il Risorto, opera di Marcello Cerrato
Lui ci aiuta a decidere per chi vale la pena vivere e morire
di Monsignor Antonello Mura

8 Aprile 2023

4' di lettura

Ogni giorno la realtà provvede a consegnarci immagini di morte, di vite spezzate, lasciandoci più fragili e smarriti. Il mondo ci appare non solo incapace di vivere in pace, ma sempre più impegnato a consumare energie per far morire, piuttosto che aiutare la vita a trionfare. Le guerre, i cimiteri nel mare, le morti sul lavoro, i fallimenti che portano al consumo di sé e anche al suicidio, sono solo una parte del disordine più grande che accompagna l’umanità nel suo itinerario storico, che in realtà dovrebbe portarci a diventare sempre più umani e meno disumani. 

La Quaresima non è stato un tempo inutile se ci ha aiutato a riflettere su quanta consapevolezza abbiamo raggiunto sul senso della vita e della stessa morte. La nostra consistenza umana (e di fede) verrà sempre misurata dal decesso di una persona cara o semplicemente conosciuta, o quando la malattia irrompe nella nostra vita, facendo soffrire o portando  alla morte parenti, amici o conoscenti, lasciandoci talvolta di sasso. 

Nonostante i vari tentativi di esorcizzarla la morte è sempre in prima pagina. Il filosofo Pascal, già nel XVII secolo, parlava efficacemente di “fuga dalla morte”. Le persone, scrisse, preferiscono il «divertissement», cioè la “distrazione”, tuffandosi in mille occupazioni e preoccupazioni e sfuggendo così al pensiero della morte. «Gli uomini» – spiegava il filosofo francese – «non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici». 

Da credenti la Risurrezione di Gesù ci offre uno sguardo sulla morte che ci aiuta a vivere. Ed è lui a portarci alla decisione per chi e per che cosa vale la pena vivere e morire. 

Gesù Risorto ci dimostra che continuare ad amare, nonostante tutto, è la scelta che rende la vita vittoriosa, annullando gli effetti della morte, di ogni morte. Risorgere con lui – prima ancora del dono della vita piena alla fine dei tempi – è sperimentare che per vivere vale la pena donare se stessi. Il dono di sé fa vivere, e rende la vita più forte della morte.

Nel suo testamento filosofico, Jean Guitton immagina, tra l’altro, un dialogo in punto di morte con Paolo VI, suo grande amico. Davanti al Papa ammette di aver cercato la fama, il successo, e di aver amato poco, anche la moglie.

«Santo Padre, che cosa vuol dire pentirsi?» «Amare, finalmente», gli rispose il Papa; e il filosofo: «Non ho quasi avuto il tempo di amare. Dovevo pensare, credere e sapere. Riflettere. E sapere sempre meglio, sempre più saldamente credere. In questo consisteva la mia vita. Rimandavo sempre l’amore al giorno dopo. E anche la preghiera». Paolo VI: «È oggi che bisogna amare» e Guitton: «Dio ama forse gli avanzi?» e il Papa: «Dio ama l’ultimissimo» […] In nome del Cielo, Guitton, ripeta con me: “Mio Dio, ti amo!”; Guitton:«Non ce la farò mai!»Paolo VI: «Jean, apriti!»; il filosofo: «Sono chiuso!» […] Mio Dio, ti a…Ah!» e il filosofo, immaginando la sua morte, conclude: «Morii così, fra le braccia di Paolo VI».  

«Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore», ha scritto san Giovanni della Croce. Solo l’amore ci dona l’esperienza del Risorto, rendendoci forti di fronte a ogni morte. «Amare qualcuno significa dirgli: tu non morirai!» (Gabriel Marcel). Buona Pasqua!

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