Le biblioteche sono come i granai pubblici
di Francesco Mariani

21 Dicembre 2021

4' di lettura

La contesa tra il sindaco Soddu e il consigliere regionale Deriu sulla Biblioteca Satta e su UniNuoro pone una questione più generale e più stringente: quanto del dibattito politico riguarda i diritti e i servizi dei cittadini o invece lo scontro sull’immagine pubblica dell’esercizio del potere? I cattolici non hanno, o non dovrebbero, avere una visione negativa del potere, non lo demonizzano né lo venerano. Sappiamo che è uno strumento indispensabile alla serena convivenza civile. Il magistero della Chiesa indica nel servizio l’anima, il cuore, del potere. Questa è una grandissima lezione sociale e culturale, in ogni ganglio della vita pubblica o privata. Il potere non consiste solo nell’esercizio della funzione di governo ma anche nel prestigio sociale che ne deriva. Questo sì, terribilmente insidioso e seducente. Le competizioni di ruolo sono l’effimero della politica e, infine, la povertà delle comunità. Ricordiamocelo, sempre. Sono manifestazioni dell’attimo fuggente anche se convocano sodali, amici e sostenitori dividendo così le nostre società. Questo Settimanale ha un obbligo: fedeltà all’essenziale e nessuna concessione all’effimero. Vorremmo, per quanto immeritatamente ma fedelmente cerchiamo di testimoniare, chiedere di porre al centro del dibattito l’educazione alla lettura, in tempi dove nelle scuole si registra un’estrema difficoltà da parte dei giovani a concentrarsi per più di tre minuti e a leggere testi superiori alle dieci righe. Manco quando si andava negli ovili ad insegnare l’italiano, leggere, scrivere e fare di conto. Ci stanno, più o meno bene, le dispute sul governo degli enti culturali, va meno bene il silenzio dei comuni del territorio. Silenzi e presenze, polemiche e sfide che rischiano di mandare in secondo piano l’urgenza di ripensare il ruolo delle biblioteche. Nell’effimero si perde la sostanza. È tempo di impegnarsi ad insegnare di nuovo che le architetture concettuali della letteratura, della storiografia, della saggistica, sono grandi palestre della comprensione del reale, sono parte integrante dell’educazione. Contestiamo la delega familiare delle funzioni educative al cellulare. Contestiamo l’assenza di un’educazione emotiva. Contestiamo la manipolazione di massa che risolve tutto nei propri consumi. Leggere buoni libri è indispensabile per la persona, la libertà, per la democrazia e la vita civile. Le biblioteche dovrebbero essere luoghi nei quali si impara come questa fatica possa diventare un piacere. Da studente liceale sono stato assiduo frequentatore della biblioteca allora ubicata in Piazza Italia, perché quella, seppur consistente del Seminario Vescovile non ci bastava. Avevamo bisogno di leggere. La Satta, nei suoi anni, ci ha aiutato e lo ha fatto egregiamente. A tutte le parrocchie, un tempo, veniva chiesto, di avere una piccola biblioteca, libri da prestare per la lettura, per alfabetizzare ed educare. Poi ogni comune, saggiamente, ha pensato di fare altrettanto, infine è nato un consorzio intercomunale. Ed oggi? Di questi temi da troppo tempo non si parla (se non in termini di gestione, commissari ecc), con un abbandono progressivo della disciplina necessaria a comprendere il mondo, le sue forme, le sue gerarchie, i suoi desideri, le sue attese. Scrivere un libro è rispondere a un bisogno di profezia, di visione. Leggerlo significa varcare ogni giorno una nuova soglia di promozione di sé e dell’umanità. Torniamo a leggere, torniamo a pensare, invogliamo, serviamo questo obiettivo! Chiediamolo! Non si vuole dire che non ci interessa chi legittimamente esercita il potere. Le politiche sono figlie di chi le interpreta. Vorremmo assistere alla dialettica delle politiche non alla rappresentazione muscolare del conflitto delle forze sedicenti politiche. Convinti, come siamo che, sempre e comunque, la forza della ragione sia più apprezzabile delle presunte ragioni dei forti. © riproduzione riservata

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