La politica dei bonus non crea sviluppo
di Francesco Mariani

19 Maggio 2024

3' di lettura

Cambiano i colori politici ma non le usanze. Quando si avvicinano le elezioni, chi è al governo non perde l’occasione di abbindolare gli elettori promettendo le classiche mancette, ossia bonus. Magari la promessa non viene poi mantenuta ma nel frattempo più di uno ci casca. 

È un gioco consueto e pericoloso. Un Paese come il nostro, fortemente indebitato e che boccheggia per finanziare i servizi principali ai cittadini, non può permettersi il lusso di usare i soldi dei contribuenti per fare regalie a determinate fasce sociali.

Alla logica della mancetta non è sfuggita neanche Giorgia Meloni, che alla vigilia del 1° maggio ha deciso di non essere meno generosa dei suoi predecessori. E dunque: bonus per le assunzioni di giovani, donne e lavoratori svantaggiati, con sgravi per due anni e un’indennità di 100 euro a gennaio prossimo per i dipendenti con redditi fino a 28mila euro e con almeno un figlio a carico. 

La prima versione prevedeva un’erogazione da ottanta euro sulla tredicesima per tutti i dipendenti con reddito fino a 15mila euro, poi trasformata in un’indennità “fino a cento euro” da corrispondere ai lavoratori con reddito fino a 28mila euro e con coniuge e almeno un figlio a carico. Poi, in Consiglio dei ministri, per la difficoltà di trovare le coperture (cento milioni), la mancetta è stata spostata a gennaio 2025, per non gravare sul bilancio di quest’anno. 

Una misura di questo tipo, ad un mese dal voto ha il classico sapore elettoralistico. Poi è bene ricordare che si tratta di un importo lordo: una volta tolte le imposte e le altre detrazioni fiscali, l’importo effettivo che arriverà nelle tasche delle famiglie sarà notevolmente inferiore. Insomma molto fumo e poco arrosto. Le mancette sono l’equivalente legittimo dell’illegale voto di scambio.

Renzi prima delle elezioni europee del 2014 promise 80 euro. Anche allora si trattava di un espediente finalizzato a conquistare voti a breve termine, senza pensare alle conseguenze del lungo periodo. In ogni caso l’allora leader del Pd stravinse le europee superando il 40% dei voti. 

Ogni occasione di bisogno è diventata buona per approvare un bonus. Non un provvedimento per risolvere il problema, ma un tampone momentaneo. Si è pensato di risolvere con bonus persino il problema demografico: e da qui il bonus bebé e quello per le mamme (con almeno tre figli e valido solo fino al 2026). Così il bilancio pubblico si è appesantito di voci di spesa non coperte da corrispondenti entrate, il debito pubblico è cresciuto mentre i problemi sono rimasti irrisolti e la povertà è aumentata. In ogni caso è molto difficile abolire un bonus una volta concesso perché fa perdere consensi in periodo elettorale.

L’Ultima finanziaria regionale è zeppa di marchette amicali che nulla hanno a che fare con il contrasto alla precarietà e povertà e col rilancio dell’economia. 

Nei giorni scorsi c’è stato l’intervento della Banca d’Italia che ha chiesto al governo di chiudere immediatamente con il bonus 110% e con il reddito di cittadinanza. Il piatto è vuoto e dopo le europee sono prevedibili manovre lacrime e sangue. 

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--