Il Vescovo Antonello in visita alla Nuorese prima del Natale del 2021 (photo by Gigi Olla)
La Nuorese Calcio specchio del capoluogo
di Francesco Mariani

22 Novembre 2022

3' di lettura

Le dimissioni di Maurizio Soddu da presidente della Nuorese Calcio descrivono uno spaccato della città reale e non ciarlata, esulano dal campo strettamente sportivo per aprire una riflessione ben più ampia. Il presidente spiega la sua decisione con gli aumentati impegni famigliari e di lavoro. Ma la motivazione vera è l’impossibilità a far fronte agli oneri finanziari che comportano l’attività di una squadra, la partecipazione ad un campionato, la gestione dello stadio Frogheri.

Partiamo dal fatto che nessun presidente della Nuorese ha tratto vantaggio economico dal ricoprire questo ruolo. Ci hanno rimesso tutti di tasca a partire dai mitici Devoto e Bonaccorsi a finire con quelli meno noti delle ultime stagioni. Nuoro non è in grado di avere una grande squadra di calcio perché non ha un tessuto produttivo che la possa reggere. Un tempo c’erano grandi imprese (Devoto, Bonaccorsi, Mundula, Cancellu, Berardi ecc) nelle condizioni di sostenere realtà sportive, culturali, ricreative. Oggi quei soggetti non ci sono più. Il nerbo dell’economia nuorese è costituito dai dipendenti pubblici, dagli addetti ai servizi e dai pensionati. Per fare impresa si investe altrove non certo nel capoluogo. E’ in corso un esodo massiccio delle forze più giovani e intraprendenti ed un declino demografico dal futuro inquietante. Tutti elementi che non sono certo incoraggianti per il settore sportivo e non solo.

La città capoluogo non ha saputo dare un’anima ed un’identità agli inurbati che sono come degli stranieri: le loro coordinate identificative sono infatti nei paesi di origine e stentano a sentirsi “nuoresi”. La Nuorese Calcio era come la bandiera della città, un simbolo in cui tutti si riconoscevano, un veicolo di messaggi sociali e politici. Oggi è una delle tante squadre di calcio, i suoi giocatori sono dei semisconosciuti ai non addetti ai lavori, le partite sono sempre meno attrattive e comunque in competizione con nuovi impegni ed interessi sportivi. Ci sono paesi del circondario dove, al contrario, la squadra è seguita, i giocatori sentiti come “beniamini”, gli spettatori coinvolti.

Non è colpa dei presidenti se si sono verificati questi cambiamenti. Non è colpa loro se è diventato impossibile pagare le bollette della luce e dell’acqua e se anche gli sponsor sono divenuti freddini. Anche Grazia Deledda stenta ad essere apprezzata nella sua nuoresità (i suoi concittadini sono stati i più critici nei suoi confronti) figuriamoci una società sportiva. Di mezzo c’è una rivoluzione culturale avvenuta ovunque: il calciatore, e l’atleta in genere, è diventato una merce, occasione di investimento economico, notizia per i media (specie fuori dal campo). Nuoro non ha gli strumenti per poter competere dentro queste regole. Finiti i tempi in cui uno Stellino o un Chicco Piras scendevano in campo più per passione che per professione. Quando è il mercato a comandare non bastano i buoni propositi: ci vogliono quei soldi che non ci sono. La via di uscita sarebbe un azionariato diffuso che prenda le redini della Nuoro Calcio, ma in questa città non si riesce neanche la normale gestione di un condominio, figuriamoci di una società.

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