Invalsi, il long Covid dell’apprendimento
di Franco Colomo

25 Luglio 2023

3' di lettura

Peggiora il rendimento degli studenti italiani secondo il rapporto Invalsi 2023 presentato nei giorni scorsi.

Il confronto degli esiti della scuola Primaria mostra un indebolimento in tutte le discipline. In II elementare i risultati di Italiano e di Matematica sono più bassi di quelli del 2019 e del 2021 e in linea con quelli del 2022. In Matematica 1 bambino su 3 non raggiunge le competenze di base né in II né in V. Qui i risultati del 2023 sono più bassi degli anni precedenti, compreso il 2022, in tutte le discipline. In alcune regioni del Sud solo 1 ragazzo su 2 delle scuole medie comprende correttamente quello che legge e 2 studenti su 3 non sono capaci di leggere e comprendere un testo in inglese. 

Metà dei giovani che termina le Superiori non è in grado di comprendere quel che legge; solo il 51% raggiunge il livello base, con un divario tra Nord e Sud di 23 punti; in Matematica il 50% degli studenti (invariato rispetto al 2022) raggiunge il livello base con un divario tra le aree fino a 31 punti. In Inglese il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di lettura (+2% rispetto al 2022) e il 41% in quella di ascolto(+3% sul 2022 e + 6% dal 2019).

«È giusto dire che assistiamo a un effetto long Covid – ha detto il presidente di Invalsi Roberto Ricci, perché gli apprendimenti sono un continuum, se si inseriscono discontinuità questo finisce per avere un peso».
Come ogni anno si pone la questione sull’attendibilità di questo strumento: «Io ritengo – ci confida un’insegnante – che non sia molto attendibile perché sappiamo che a livello di scuola Primaria le prove vengono svolte in modo molto frammentario, e già questo meriterebbe un capitolo a parte.
Inoltre – aggiunge – le maggiori opportunità che gli studenti del nord hanno rispetto ai nostri dipendono secondo me da precise scelte politiche e investimenti sbagliati, sempre calati dall’alto, senza ascoltare la base e individuare quindi le reali esigenze del territorio nel quale si opera».

Per quanto polemico questo commento tocca un nodo centrale. Si confermano, in parte ampliate – e l’Istituto lo riconosce – «forti evidenze di disuguaglianza di opportunità di apprendimento nelle regioni del Mezzogiorno sia in termini di diversa capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e tra classi». È istruttivo, da questo punto di vista, leggere in parallelo i dati sulla scuola insieme a quelli del Rapporto Istat sulla situazione del Paese (leggi). 

Porre tutti gli studenti italiani, dal Nord al Sud, ai blocchi di partenza con uguali opportunità porterebbe quasi certamente a esiti diversi. È un tema che meriterebbe maggiore attenzione e impegno, specie in occasione del centenario della nascita di don Lorenzo Milani. 

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