Nascite, decessi e saldo naturale. Anni 2002–2022 (valori assoluti)
Un Paese sempre più vecchio, giovani vulnerabili e dimenticati
di Redazione

25 Luglio 2023

5' di lettura

L’Italia è stata messa a dura prova dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne è seguita – guerra, crisi energetica, inflazione – eppure ha dimostrato una «considerevole capacità di resilienza e reazione». Lo dice l’Istat che ha presentato nei giorni scorsi il Rapporto annuale 2023. Si aggiunge però che molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono aggravate. 

Il Paese è sempre più vecchio. Se si considera la dinamica naturale tra nati e morti, il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393 mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400 mila) e per l’elevato numero di decessi (713 mila). Diminuiscono gli individui in età attiva, tra i 15 e i 64 anni, che scendono a 37 milioni 339 mila (63,4 per cento). Si riduce anche il numero dei più giovani: i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334 mila (12,5 per cento del totale della popolazione residente). 
La riduzione della popolazione giovane ha un impatto più rilevante nelle aree interne, soprattutto in quelle del Centro-Sud.

L’analisi evidenzia anche come sia iniziato un progressivo processo di depotenziamento della crescita del Pil pro capite a causa dell’invecchiamento della popolazione, e in particolare di quella in età da lavoro. Questo effetto di carattere demografico può essere amplificato da una limitata partecipazione alla forza lavoro, particolarmente rilevante per i giovani e per le donne, nonostante per queste ultime – specie quelle più istruite – si registri qualche timido segnale positivo.

I più vulnerabili sono i giovani, in tutti i sensi. Nel 2022 quasi un giovane su due (47,7 per cento dei 18-34 enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio). Di questi giovani oltre 1,6 milioni (pari al 15,5% dei 18-34enni), sono multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno due domini. I livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti nella fascia di età 25-34 anni, che risulta la più vulnerabile. Per mettere le nuove generazioni in grado di affrontare positivamente i cambiamenti in atto, e per prevenire l’insorgere di situazioni di vulnerabilità, sottolinea l’Istat, è necessario garantire a tutti bambini fin dalla nascita livelli di benessere che consentano un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale. Questo obiettivo va perseguito incidendo sui contesti di vita dei bambini e sulle opportunità educative, formative, culturali e di socializzazione a cui sono esposti. Inoltre, è fondamentale che queste opportunità siano caratterizzate da equità di accesso, riducendo, per quanto possibile, l’influenza dei contesti, non solo familiari, di appartenenza. Quest’ultimo aspetto è determinante per poter sottrarre i minori dal circolo vizioso della povertà e alle sue conseguenze sui percorsi di vita individuali. In Italia la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli è particolarmente intensa. 

Crescono i Neet. In Italia, nel 2022 quasi un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. Il tasso italiano di Neet è di oltre sette punti percentuali superiore a quello medio europeo e, nell’Unione Europea, secondo solo alla Romania. Il fenomeno interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri.

In un’ottica di welfare come investimento sociale, il Rapporto annuale dell’Istat analizza alcune voci di spesa pubblica più direttamente rivolte alle prime fasi di vita dei bambini e dei ragazzi. La spesa pubblica per istruzione in rapporto al Pil mostra il minore impegno del nostro Paese per questa funzione rispetto alle maggiori economie dell’Ue27. Considerando i dati sulla spesa per la protezione sociale, in tutti i Paesi si osserva un netto orientamento verso le funzioni rivolte a coprire i rischi delle generazioni adulte e anziane, piuttosto che a tutelare i più giovani. L’Italia spende per le prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori una quota rispetto al Pil molto esigua, pari all’1,2 per cento a fronte del 2,5 per cento della Francia e del 3,7 per cento della Germania.

I tassi migratori dei giovani laureati tra le province italiane mostrano una chiara direttrice spaziale:

il guadagno in termini di capitale umano è evidente per tutte le province del Centro-Nord, che osservano tassi migratori ampiamente positivi a sfavore del Mezzogiorno, dove la perdita di capitale umano dovuta alla mobilità interna è netta e persistente.

Sul fronte ambientale, oltre alle conseguenze del cambiamento climatico persistono, a livello nazionale e locale, diverse emergenze non ancora risolte. Tra inquinamento e spreco di risorse idriche, impoverimento e consumo del suolo ed emissioni in atmosfera, le tre dimensioni acqua, terra e aria versano in condizioni critiche. Va rafforzata la transizione ecologica.

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