Un fotogramma del docufilm "Tempus de baristas"
Governare i cambiamenti per non restarne vittime
di Francesco Mariani

20 Luglio 2023

3' di lettura

Descrizione della Sardegna interna. Nell’autunno del 1992, quindi tanti anni fa, il regista David MacDougall, della Bbc in collaborazione con l’Isre, realizzò il bellissimo film-documentario: Tempus de Baristas. Vi si analizza il modo di pensare e vivere di tre caprai di Urzulei. Pietro, diciassettenne, aiuta il padre Franchiscu nel governo delle capre, ma va anche a scuola e veste e si diverte come i suoi coetanei, nella piazza del paese. Il suo amico Miminu, quarantenne, invece gestisce in solitudine, il grande gregge di capre della sua famiglia. E lui si trova davanti un futuro più che incerto. Va tutto male: la produzione pastorizia di un tempo non trova mercato pur richiedendo molta fatica e tempo sacrificale. Lui non va in piazza per festeggiare: il suo tempo è assorbito dalla custodia delle capre e dal mungere e fare il formaggio. Pietro e Miminu hanno 20 anni di differenza anagrafica ma, già allora, quando si iniziava timidamente e poi impositivamente a parlare di globalizzazione, erano due mondi diversi. Oggi questa diversità la si nota nell’arco di due fratelli nati a due anni di distanza, tra una generazione contigua all’altra. Il mutamento sociale ha la sembianza di una macchina da Formula 1: la cambi ogni anno. Perdonatemi se dico che anche mogli e mariti, troppo spesso, hanno qualcosa di simile all’automobile.  

Miminu, mentre lavora il formaggio, ad un certo punto dice: «Oje est tempus de baristas, de ristorantes e ispiaggia». Quelle parole le ho sempre portate nel cuore perché valgono più di tanti convegni. Una considerazione che racchiude una storia, il passaggio da una identità ad un’altra, dal sogno alla realtà, dal quel che vorrei a quella più dura situazione che mi sta dinanzi. In quel docu-film c’è la voce dei senza voce, di coloro che percepiscono la radicalità dei cambiamenti senza poterci fare nulla. Ci sono l’ieri e l’oggi, affetti e sudore, passione e dovere. Pietro si diploma e va incontro ad altra bella ventura, il suo amico no. Non giudichiamo con gli occhiali di chi vince o perde.

Tutti siamo perdenti in una globalizzazione dove la Sardegna è diventata non più terra di pastori e di agricoltori, di facitori e custodi di beni inestimabili, ma di addetti alle pulizie di alberghi di proprietà continentali, di camerieri, commessi, giardinieri, manutentori… Abbiamo svenduto la terra e l’identità per un pugno di briciole. La nostra vera sconfitta consiste nel non aver saputo governare i cambiamenti sociali: li abbiamo assimilati acriticamente, uniformandoci al padrone incontrastato che è il denaro. Ci siamo omologati supinamente a “sa modernitate” buttando via l’acqua sporca ed il bambino. Non si tratta di rimpiangere il passato ma di salvare almeno un po’ delle nostre radici. Altrimenti diventiamo un grande parco giochi per i vacanzieri di turno e per gli avventurieri intenti a spolparci.  

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