(photo by Associazione Mondo X Sardegna)
Comunità terapeutiche in affanno e soldi pubblici per voci superflue
Dimenticare il necessario per blandire altro
di Francesco Mariani

2 Marzo 2023

4' di lettura

Nel novembre scorso, le 8 comunità terapeutiche della Sardegna che fanno capo al Coordinamento Ceas, composto da Associazione Mondo X, Associazione L’Aquilone, Comunità La Crucca, Casa Emmaus società cooperativa sociale, Associazione Madonna del Rosario, Associazione Arcobaleno, Centro di accoglienza Don Vito Sguotti Odv e Dianova cooperativa sociale hanno lanciato un drammatico appello: stiamo per chiudere!

Fondato nel 1993 il Coordinamento, con centinaia di dipendenti, in tutti questi anni ha accolto e curato oltre 30mila ospiti. Ora, i tra i costi delle misure anti-Covid e del caro energia, con le rette ferme al 2012, queste comunità hanno i mesi contati, «5 forse 8 al massimo» spiegava la coordinatrice del Ceas, Giovanna Grillo, che è anche rappresentante della Fict, la Federazione italiana comunità terapeutiche. Il Ceas aveva fatto pubblicare, a pagamento, su un quotidiano isolano, un atto di accusa alla Regione Sardegna rea di non ascoltare la richiesta di adeguamento delle rette che, aggiungeva Grillo, «sono insufficienti a coprire le ore di lavoro del personale obbligatorio che dobbiamo impiegare: ce lo impone la legge, se vogliamo avere l’accreditamento regionale. Quello che stiamo chiedendo da tempo, almeno da 4 anni ormai, è l’adeguamento delle rette e in tempi più recenti il rimborso delle spese da noi sostenute durante il Covid per applicare le misure obbligatorie per legge che chiedevano dispositivi come mascherine, camici, tamponi e l’allestimento di luoghi di isolamento». La Grillo concludeva: «Noi chiediamo un aumento del 35% sia delle rette che del budget. Se dovesse permanere questa situazione, le nostre 8 comunità, le uniche in tutta la Sardegna, non arriveranno alla prossima primavera. Due comunità con cui collaboravamo da anni hanno già chiuso i battenti». 

Ad oggi ci sono stati incontri ed interlocuzioni con gli assessorati regionali competenti ma ancora non ci sono risposte concrete. Sono stati promessi 4 milioni (legge Omnibus) come contributo per sanare il pregresso ma non si sa quando e se arriveranno. Tutto da decidere sull’aggiornamento delle rette e quindi sul futuro.

Tra l’altro, l’Assessorato alla Sanità, che non riesce a riunire attorno ad un tavolo i vari Serd e le comunità terapeutiche, continua a cincischiare sui progetti di reinserimento socio-lavorativo di chi si è sottoposto ad un percorso di recupero. Le comunità chiedono di essere loro a gestire questi progetti visto che hanno competenze e soprattutto la “materia prima”, ossia le persone in fase di reinserimento. L’orientamento politico regionale sembra invece quello di ricorrere a bandi rivolti ad una platea più o meno indistinta di associazioni ed enti. 

Per combattere le varie tossicodipendenze e restituire alla vita normale centinaia di persone, giovani e non, certo che le comunità terapeutiche non hanno l’esclusiva. Ma senza di esse la battaglia è persa in partenza. E dinanzi alle loro richieste fa specie un finanziamento regionale di 600 mila euro, in due anni, destinato all’Associazione Culturale Sport e Salute (Nuoro) per una campagna di sensibilizzazione “No dipendenze” rivolta agli studenti delle scuole primarie e secondarie sarde.

Mi ricordano i due miliardi di lire erogati agli inizi degli ’90 ad una neocostituita associazione facente capo a Peppino Segretario (nome e cognome dell’allora direttore delle Poste nuoresi) e da un dipendente sindacalista delle Ferrovie dello Stato, su un progetto che aveva la medesima finalità. Le urla dell’allora sindaco Gian Paolo Falchi le sentirono fino a Cagliari ma servirono purtroppo solo a modificare alcuni dettagli di un’operazione decisa “dove si puote ciò che si vuole”. Almeno ci fu qualcuno che si ribellò alla logica del bancomat pubblico con destinatario dei privati, di associazioni marito e moglie.

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