Nuoro, 7 febbraio. La conversazione del Vescovo con i candidati alla carica di presidente della Regione Sardegna (photo by Aurelio Candido)
Attendiamo politici che ci dicano come può cambiare la realtà
di Monsignor Antonello Mura

22 Febbraio 2024

4' di lettura

Andremo a votare il prossimo 25 febbraio, occasione giusta per chiedersi: Cosa s’intende oggi per politica? Quali idee meritano la nostra attenzione e a chi possiamo affidare il futuro della Sardegna? 

Almeno istintivamente, la parola politica non sempre suscita interesse e partecipazione, anzi porta spesso a una sorta di ripugnanza, generando non pochi sospetti. Interpreta tutto questo papa Francesco, quando scrive: «Per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia» (Fratelli tutti, 176). 

In realtà la radice di politica è una bella parola, perché nasce da “polis” e racconta la passione per il bene comune. Ancora il Papa, questa volta positivamente, la esplicita con un esempio concreto: «Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica» (Fratelli tutti, 186). 

Mi ha sempre coinvolto, e anche convinto, l’affermazione di un teologo statunitense quando descrive la differenza tra il politico e lo statista: «Un politico […] è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese» (J. F. Clarke). 

Credo che l’attuale momento storico, anche in Sardegna, meriti di riaffermare che una politica umana, corretta, giusta è possibile solo quando si rimette al centro un’istanza etica forte. Un bisogno di valori che caratterizzino l’orizzonte entro cui muoversi e indichino i criteri per compiere le scelte conseguenti. Dopo aver cancellato le ideologie che hanno determinato i regimi totalitari e aver sperimentato – ma anche questa è un’ideologia! – il “pensiero unico” collegato, anche politicamente, alla logica del mercato, è necessario restituire una visione all’azione politica. 

Non possiamo ignorare, tantomeno devono farlo i candidati alle prossime elezioni regionali, che molta gente non si aspetta più nulla dai politici perché è disincantata, senza speranze e addirittura senza illusioni, dopo aver provato nel passato molte delusioni. Penso ai giovani, e non solo a loro, che vivono il presente ritenendolo immodificabile, non migliorabile, che deve essere accettato così com’è. A tutti i candidati chiediamo che ci facciano gustare i termini cardine della politica: speranza, possibilità, cambiamento, ribellione, prospettiva.      

Secondo Fichte, filosofo, il vero compito della politica, la realizzazione dell’ideale, è stato sostituito dall’idealizzazione del reale. Anche oggi è evidente l’adattamento ai rapporti di forza esistenti, senza passione politica o con passioni tristi. 

Non a caso si fa fatica a cogliere, nei dibattiti, la visione politica dei protagonisti, portati più a valutare la realtà ordinaria che a proporre delle idealità. Ci aiuti un consiglio di Don Primo Mazzolari: «Non sono del mestiere e mi occupo di politica quel tanto che è di dovere per un uomo che non accetta di lasciarsi ciecamente condurre» (Scritti politici).

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