Alcune proposte per il cammino sinodale
di Nando Buffoni

16 Dicembre 2021

4' di lettura

Questa è una modesta riflessione su temi che toccano la comunità ecclesiale impegnata nel “cammino sinodale” ma che investe la società nel suo complesso. Il mio riferimento è alla Sardegna, in particolare alla “Sardigna ’e Intro”, quella Centrale. Come tutti avranno notato, in particolare negli ultimi anni, ci siamo esaltati negli annunci di “sviluppo integrale”, “economia integrale”, “ecologia integrale”. Abbiamo lanciato il “lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale” come obbiettivo immediato. Abbiamo adulato la difesa “dell’Ambiente”. A sua volta, la Regione ha costruito un programma fondato su “Sardegna più Intelligente; più verde; più connessa; più sociale; più vicina ai cittadini” che dovrebbe mostrare risultati entro il 2030. I due modelli non si sono incontrati. Eppure, sembrano compatibili! Nel frattempo, mi chiedo, come mai siamo precipitati in una “ecologia dis-integrata” in senso pieno? In un sistema sociale che frana, fra denatalità ed emigrazione, appesantito da incendi, alluvioni e disastri naturali (con l’uomo quasi sempre “in presentia”), non ci siamo accorti “chi bini sos sinnos”? Disattenti? Disinteressati? Sostenitori diretti o per omissione? Ma i segnali c’erano già negli anni ’80 del secolo scorso. Mi sono posto una domanda: uve imus nois, chi nos credimus “cristianos” e che per quello in cui professiamo (forse prevalentemente liturgicamente) saremmo dovuti essere in prima fila? I fenomeni di disintegrazione ecologica e sociale provocati nella Sardegna centrale e che hanno messo in moto il famoso meccanismo di “decrescita cumulativa” sono frutto di scelte, omissioni, “distrazioni” di qualsiasi genere, che hanno creato il “buco nero” nel quale oggi ci troviamo. Ci siamo resi conto che viviamo in due Sardegne (“ Sardigna ’e Intro” e “Sardigna ’e Foras”, la prima delle quali si identifica, approssimativamente, con le “Zone Interne”)? La prima in degrado, in declino crescente, in un processo di “disumanizzazione” e di “disintegrazione ecologica” per la quale non si intravvedono correttivi significativi ma una lenta agonia. Eppure ci sono comunità che sperano, che si adoperano per cercare soluzioni che ad oggi non ci sono. Mi spiace dirlo, ma anche in qualche documento ufficiale delle gerarchie ecclesiastiche regionali (ad esempio Giovani, Speranza per il Futuro della Sardegna del 28 ottobre del 2018), si rileva l’insoddisfacente conoscenza della reale situazione economica e sociale dell’isola. Pertanto ne soffrono Analisi, Visione e Proposte alle quali dovremmo contribuire noi laici “credenti” per assistere i presuli a incoraggiare, contestare etc. anche le politiche regionali e nazionali riguardanti la Sardegna se non consone con il Bene Comune? Perché non cogliamo l’occasione del “cammino sinodale” per incontrarci, per chiederci dove va la Sardegna Centrale, la “Sardigna ’e Intro”? In questo “percorso più evangelico” la comunità dei fedeli interroga se stessa. I componenti, chierici e laici, si interrogano su come stia procedendo la “cura” della terra che hanno avuto “in custodia”, nella quale sono emersi segnali critici di sofferenza degli uomini e della natura. La “svolta” sollecitata da Papa Bergoglio come “modelli sociali rinnovati” è stata percepita soltanto in parte. È probabile che mi sbagli o che abbia preteso troppo dai presuli ai quali certamente non abbiamo dato il sostegno necessario su temi che non sono della loro specifica competenza tecnica. Ritengo che le Diocesi Nuoro-Lanusei, che attraversano la Sardegna Centrale, abbiano la capacità e le competenze per avviare questo “cammino sinodale” da estendere ad altri, e che L’Ortobene sia uno strumento particolarmente appropriato per contribuire al “percorso”. © riproduzione riservata

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