Dai Paesi - La cappellina all’interno della struttura
Bitti
Un’oasi di serenità sul colle di Gorofai
Le nostre case per gli anziani/1. Accanto al Santuario del Miracolo sorge la Struttura integrata nata per volontà di don Giuliano Calvisi
di Luca Mele

22 Gennaio 2024

4' di lettura

La cappellina all’interno della struttura - Accanto al santuario di Nostra Signora del Miracolo, dal colle di Gorofai la Struttura integrata di Bitti svetta su tutto il paese, quasi a simboleggiare l’importanza degli anziani e degli ammalati per una comunità. Una realtà nata vent’anni fa per garantire ai destinatari condizioni di vita adeguate alla dignità della persona sia sul piano sanitario che sociale. «Negli anni ’30 del secolo scorso, il vescovo di Nuoro Giuseppe Cogoni autorizzò la demolizione dell’antica chiesa parrocchiale di Gorofai, dedicata a San Michele, per costruirvi un orfanotrofio femminile che funzionò per mezzo secolo. Nel 1993, considerato che il complesso era chiuso e che molti bittesi vivevano soli ed abbandonati, si pensò di costituire un comitato di volontari con intento di trasformare l’ex orfanotrofio in una struttura adatta ad accoglierli. Il comitato, sotto la guida intelligente di don Giuliano Calvisi, parroco di Gorofai, con l’aiuto determinante della popolazione di Bitti, raccolse fondi sufficienti e in 12 anni riuscì a realizzare una struttura moderna capace di accogliere 24 ospiti, è spiegato nel sito web.

Attualmente sono 21 gli assistiti e tra loro si respira un’atmosfera di genuina cordialità: alcuni utenti sono nativi di Bitti e altri originari di diversi paesi vicini, fino ad arrivare alla costa orientale dell’Isola. Nei tre piani in cui si sviluppa l’alloggio, dotato di ascensore, essi possono godere di camere singole o doppie con bagno, una mensa con cucina ben attrezzata, sale comuni e altri salotti per i parenti o visitatori; ovviamente ci sono gli uffici e l’archivio e una cappella con annessa sacrestia; inoltre è fornito di impianto di riscaldamento e di aria condizionata, mentre l’area esterna è costituita da un piacevole cortile da sfruttare nelle belle giornate e dove fino a poco tempo fa qui veniva coltivato un piccolo orto da coloro ai quali la salute permetteva maggiore mobilità fisica per i lavori della terra. 

La simpatia segna i ritmi della quotidianità: all’ironica provocazione se volessero cambiare albergo, gli anziani hanno risposto che «qui si mangia benissimo e le ragazze sono bravissime». Lo humor strappa a tutti un sorriso quando una di loro propone di andare a «ballare per digerire meglio il pranzo». Una serenità impreziosita dalla premura del personale tutto al femminile e dall’attenzione del parroco don Totoni Cossu, il quale conosce ciascun paziente per nome e provenienza. «La comunità parrocchiale riserva una speciale considerazione per i nostri amici: il mio servizio è quello di fare ordinariamente una visita per regalare un po’ di compagnia e portare una parola di conforto anche tramite la Confessione; poi, ogni domenica e festività celebrare la Messa o proporre una liturgia della Parola, a seconda delle opportunità», ha affermato il sacerdote e direttore, che per motivi di sicurezza dal 2020 non può accogliere nella cappellina della casa gli esterni. Di recente, finita l’emergenza sanitaria per il Covid 19, sono state riproposte le tradizionali uscite per gli assistiti: piccole gite a bordo del pullmino e di qualche auto per visitare i santuari della zona o andare al mare.

Don Cossu ha confidato anche le difficoltà abbastanza comuni nella gestione della struttura: «È necessario talvolta stringere la cinghia: rispettare la normativa vigente è garanzia di sicurezza e benessere, però richiede anche un impegno economico affinché ogni aspetto risulti idoneo, uno sforzo che si aggiunge al caro vita». Resta comunque la fiducia nelle istituzioni per guardare al futuro con maggiore speranza: il parroco ha ancora spiegato che «la conversione da “Casa di riposo” a “Struttura integrata” potrebbe trarre vantaggio dai finanziamenti regionali e da poco è stato di grande aiuto il contributo disposto dalla Protezione civile dopo l’alluvione del 2020».

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