Una storia della ceramica a Siniscola
di Lucia Becchere

29 Luglio 2021

4' di lettura

È uno studio puntuale e rigoroso sulla storia della ceramica sarda a Siniscola quello che il lettore rileva nel libro Brocarios. Note per una storia della ceramica a Siniscola, pubblicato nel 2020 da Antonello Pipere (Siniscola 1964). La lavorazione dell’argilla nel territorio è documentata fin dal neolitico seppur nessuna carta tematica riporti i maggiori centri di produzione della ceramica in Sardegna e a Siniscola, dove si evidenziano vaste zone di banchi argillosi, sono stati ritrovati reperti in località “Bonavraule, così come a Santa Lucia sono stati rinvenuti reperti di ceramica d’importazione africana di epoca imperiale. Nel XV secolo gli artigiani della terracotta si impongono solo a carattere locale con produzione di suppellettili ad uso domestico e religioso dalle caratteristiche differenti da quelli importati. Si ritiene che dal XV al XVIII secolo il materiale provenisse per la maggior parte dalla penisola iberica e dal nord Italia per far fronte alle modeste produzioni locali. Ai primi del 700, con il passaggio della dominazione spagnola a quella piemontese e con lo sviluppo del commercio, sono i liguri ad importare, fino ai primi del 900, ceramiche non solo comuni ma anche di pregio che vanno ad aggiungersi ai manufatti locali. Nel primo 800 viene documentata l’esistenza della professione vasai, in dialetto Brocarios, che esportano i loro prodotti in altri centri e spingendosi fino alle coste orientali contribuiscono allo sviluppo dell’economia locale. Il commercio, fra alti e bassi, resterà attivo fino alla seconda metà del 900. Nel primo dopoguerra, nel centro baroniese la produzione della ceramica è in mano alle famiglie Deiana e Casu, nel tempo venuti a contatto con l’arte decorativa dorgalese. Dopo gli anni 50, con lo sviluppo dell’edilizia e col turismo di massa, i brocarios e i matonarios (produttori di tegole, mattoni e mattonelle), aprono alle influenze esterne e ai committenti d’oltre Tirreno. Paolo Casu, dopo aver dato vita ad un suo laboratorio, nel primo dopoguerra emigra per alcuni anni, ma nel 62 al suo rientro riprende l’attività di ceramista e benché la sua fosse un’umile bottega a conduzione familiare, realizza oggetti d’arte elaborata con decori e incisioni. A raccogliere la sua eredità sarà il figlio Mario. La famiglia Deiana sotto la guida del padre Salvatore, porta avanti un laboratorio di arte comunitaria nonostante i sette figli in seguito abbiano a loro volta aperto bottega con diversi indirizzi di produzione. Nel 1925 anche Pietro Soro crea un suo laboratorio. Formatosi nella fucina di Salvatore Deiana, produrrà soprattutto vasellame casalingo. Nel 1960, Soro abbandonerà definitivamente la lavorazione delle ceramiche per dedicarsi all’agricoltura. Antonello Pipere dopo avere fatto l’excursus della storia della ceramica siniscolese, ne descrive anche i vari metodi di produzione, mettendo in evidenza come i Brocarios riescano a far convivere l’innovazione con l’antica manualità rendendo i loro prodotti sempre più apprezzati nel mercato globale. Il testo, arricchito da testimonianze fotografiche di grande pregio, fa riferimento anche alla mostra promossa da un comitato di cui lo stesso autore ha fatto parte. Allestita a Santa Lucia nel 2019 con l’obiettivo di far conoscere ad un vasto pubblico questa arte antica, farla sopravvivere nel tempo e catturare l’attenzione di quanti hanno a cuore la tradizione e la modernità. Sollecitare un proficuo apporto di idee per mettere in atto interventi mirati quali la creazione di spazi espositivi stabili, il collegamento fra le varie botteghe e la formazione dei giovani che intendono accostarsi a questa disciplina. Inoltre promuovere, divulgare e rendere competitivi i prodotti, creare un marchio unico che indichi la provenienza e la specificità del laboratorio dove i manufatti vengono realizzati e non ultimo il riconoscimento a Siniscola di “Città della ceramica” al pari di altri rinomati centri sardi. © riproduzione riservata

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