Presentazione della mostra "Taccas. Nuovi tappeti sardi", 1987 (foto IsreSardegna)
“Taccas”, un evento di fine anni Ottanta
Il precedente. La mostra proposta dall’Isre a Nuoro
di Franco Colomo

23 Novembre 2022

3' di lettura

L’esperimento congiunto Man – Studio Pratha di cui parliamo nella pagina accanto ha un illustre precedente. Si tratta di “Taccas. Nuovi tappeti sardi”, una esposizione promossa dall’Istituto Etnografico insieme all’Arp studio di Oristano. La mostra presenta ventiquattro tappeti realizzati a Zeddiani con un telaio verticale e con la tecnica definita “a fiocco” su progetto di alcuni tra gli artisti italiani fra i più rappresentativi nel panorama dell’arte contemporanea.
Il catalogo edito dall’Istituto oltre alle riproduzioni dei tappeti e alle biografie degli artisti contestualizzava le opere realizzate con scritti, tra gli altri, del presidente dell’Isre Giovanni Lilliu e di Gillo Dorfles.

Contrastanti furono le reazioni, tanto che anche Lilliu nella propria introduzione esortava il pubblico a “non scandalizzarsi” rispetto alla contaminazione tra materiale tradizionale e disegni moderni. Su L’Ortobene Dolores Turchi intervistò proprio su questi temi il direttore dell’Isre Paolo Piquereddu parlando addirittura di “operazione azzardata”: «Poiché il Museo dovrebbe tutelare la tradizione, non le sembra – chiedeva Turchi – che ci sia contraddizione tra una mostra di tappeti sardi con disegni così moderni e il luogo che le ospita?». «Non c’è contraddizione – rispondeva Piquereddu -, riteniamo che il compito fondamentale dell’Istituto sia quello di creare occasioni d’incontro tra la nostra cultura, tradizionale meno, e le culture esterne. Non ci sentiamo affatto dentro un’operazione dalla quale la nostra cultura viene fuori male, anzi direi che ne viene fuori molto viva e presente bel oltre la Sardegna». E ancora il direttore: «Quando si va a verificare la qualità del prodotto si ha la dimostrazione che la nostra è una tecnica viva, capace di far delle cose straordinarie, non connesse soltanto alla tradizione. Questo è il punto vincente dell’operazione».

L’inervista di Dolores Turschi a Paolo Piquereddu, da L’Ortobene del 3 gennaio 1988 (archivio L’Ortobene)

Dopo Nuoro, tra il 1987 e il 1988 la mostra toccò altre sedi, il Deutsches Textil Museum di Krefeld, l’Edinburgh College of Art. Durante uno dei trasferimenti, così si racconta, le opere andarono distrutte. C’è chi non crede a questa ricostruzione, sta di fatto che di esse non vi è traccia.

L’aspetto significativo di quella esposizione e che qui si intende sottolineare oltre ogni sterile lettura “provinciale” è quello della visione: di esso si è fatta oggi erede e interprete, tra gli altri, proprio Graziella Carta.

Tanti sono i fili che andrebbero riannodati lungo gli anni, si pensi alla vicenda dell’I.s.o.l.a. con i suoi “centri pilota” e all’idea di artigianato e di Sardegna che vi era sottesa. Un’altra esperienza sciupata. Ma questa è un’altra storia.

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