Pasqua. Le ragioni della speranza cristiana
di Ugo Collu

8 Aprile 2023

4' di lettura

A Gerusalemme l’annuncio della resurrezione col cadavere di Cristo nella tomba avrebbe coperto di ridicolo apostoli e discepoli; ma anche con la tomba vuota, senza la vasta constatazione pubblica esso non avrebbe resistito più di un’ora. Una tomba vuota per sempre non aveva precedenti. 

Nel Nuovo Testamento si narra di 3 resuscitazioni: due anonime (la figlia di Giairo e il figlio della vedova di Nain) e quella di Lazzaro. Quei morti “dormivano” e al cenno di Gesù ripresero vita. Marta, dopo tre giorni dalla sepoltura del fratello, rispose incredula al Signore: «So che resusciterà nell’ultimo giorno»; neppure la sfiorava come egli si sarebbe potuto rialzare col corpo in decomposizione. Lazzaro, invece, uscì traballante da quella tomba; ma non per sempre. Quelli citati insomma erano cadaveri ri-animati che poi sarebbero ri-morti definitivamente. Non esisteva una forma culturale che potesse fare da staffetta a una tomba vuota per sempre

La mancanza del cadavere per i Greci rivelava, invece, assurdità assoluta. Nell’Atene di Platone era proprio il fatto che fosse vuota a risultare impossibile. La resurrezione dei corpi per la cultura greca era un argomento inaccettabile. L’anima è immortale, non muore e non risuscita; ma i corpi muoiono e una volta morti si corrompono definitivamente, senza sconti o scampi. E dov’è il corpo di Cristo, se l’anima lo ha lasciato? Deve esserci. Salvo trucco o menzogna.

Sappiamo con quale sdegno, all’Areopago di Atene, fosse stato respinto il discorso di Paolo: «Appena sentirono l’accenno alla risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: Ti sentiremo un’altra volta. Così Paolo uscì da quella riunione» (Atti 17, 32-33). La tomba vuota per loro era una provocazione spregevole. 

Oggi, dopo secoli di ricerca e di studio, nessuno mette in dubbio la verità della tomba vuota; eppure, tenuto conto dell’assenza di testimoni diretti, non viene considerata prova sufficiente o necessaria della resurrezione. I teologi e gli storici la ritengono argomento secondario rispetto alle testimonianze molteplici e dirette delle apparizioni. In sostanza «non è la tomba vuota che rende plausibile la resurrezione, ma la resurrezione che rende plausibile il sepolcro vuoto» (Maggioni). 

Gli apostoli sapevano di assistere ad una novità assoluta. Il Signore, risorgendo, aveva proclamato la vittoria sulla morte, l’ultimo nemico dell’umanità. Vittoria unica e universale, che fece esultare Paolo col sublime inno di gioia della 1 Lettera ai Corinzi: Il corpo «seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato nel corpo animale, risorge corpo spirituale (soma pneumaticòs). Dov’è, o morte, la tua vittoria, dov’è il tuo pungiglione?» (1 Corinzi 15, 42-44).  

Il primogenito dai morti è il modello del nostro destino escatologico. Se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo; tutti, non solo i giusti come indicava l’Antico Testamento. L’annuncio era strabiliante e Paolo sapeva bene quello che stava dichiarando: «Ecco, io vi annuncio un mistero» (1Corinzi 15, 51). 

La fede nella risurrezione dei morti divenne così la parola d’ordine del Cristianesimo primitivo e ciò che lo differenzierà da tutte le altre religioni storiche.

Come è l’uomo intero a morire, così sarà l’uomo intero a risorgere. La vita non viene sottratta, ma trasformata (vita mutatur, non tollitur): «Vi dico questo, fratelli, carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio … noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati» (1 Corinzi 15, 51-54).   

La morte come trasformazione fu scandalosa per i Greci, incredibile per gli ebrei, ma anche misteriosa per noi, se non interpretata cristologicamente sul modo del corpo spirituale del Cristo risorto. 

Siamo certamente al limite della Scrittura, al confine che impone il divieto di indurre apparenti esattezze su ciò che supera ogni possibile indagine. La ragione geometrica qui è impotente. Ci sorregge la speranza di cui è impastata totalmente l’anima umana ovunque abiti. E la risposta è Lui, Cristo, la primula dai morti. Questa la nostra fede. 

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