Orani. Nel nome di Costantino Nivola
di Franco Colomo

17 Gennaio 2022

6' di lettura

Nato nel 1995 il Museo Nivola di Orani rappresenta oggi una realtà d’eccellenza nel panorama culturale del territorio e non solo. La sua crescita è stata esponenziale: se nel 2015 si contavano 3mila, 3500 presenze l’anno, oggi si viaggia sulle 20mila a dimostrazione della bontà del progetto come pure della sua gestione affidata alla Fondazione Costantino Nivola di cui fanno parte la Regione, principale finanziatore, la famiglia Nivola, il comune di Orani, la Fondazione di Sardegna e gli esperti del comitato scientifico. A presiederla è Giuliana Altea (nella foto). Dottoressa Altea non possiamo non chiederle un parere su quanto è accaduto a Mamoiada. «Mamoiada è un piccolo gioiello nel panorama museale sardo. È un peccato che quelli che questo museo lo hanno fatto nascere non ne siano più alla guida: questo è sintomo probabilmente di una interpretazione della missione dei musei che dovrebbe farci riflettere. I musei non sono soltanto delle macchine che servono a mettere a reddito la cultura, sono anzitutto organismi che hanno un rapporto vivo con la comunità in cui operano, e sono fatti di persone. Questo Museo non esisterebbe se non ci fosse stata la cooperativa Viseras che l’ha fatto nascere e ha saputo fargli crescere intorno un contesto vivace ed animato che ha avuto ripercussioni positive sull’economia locale. La cultura non va intesa in primo luogo come risorsa economica, non dobbiamo fare questa equazione troppo frettolosa che in Italia ha una storia lunga – dovremmo risalire agli anni Ottanta quando il ministro De Michelis parlava di “giacimenti culturali” che vanno sfruttati e messi a reddito. La cultura è un elemento di coesione sociale, che tiene insieme le persone e tiene vivi i territori. La vitalità di un territorio è la prima condizione anche per la sua vitalità economica ». A differenza di altre realtà il Museo Nivola ha una Fondazione alle spalle. Può essere il rapporto pubblico-privato una chiave per la gestione ottimale o ci sono altre strade? «Per quanto ci riguarda è una formula che ha dato risultati positivi, come dimostra il percorso recente del Museo, che esiste dal 1995 ma dal 2015 è molto cresciuto sia per quanto riguarda l’attività culturale sia per la presenza sul territorio. Anche se il profilo pubblico- privato a volte può escluderci da certe linee di finanziamento (noi lavoriamo molto con progetti pubblici), nel complesso si è rivelato una formula positiva». I rapporti con il Comune? «È un rapporto di importanza fondamentale per assicurare il legame con la comunità locale. A Orani da qualche mese c’è una nuova amministrazione con la quale abbiamo iniziato a lavorare molto bene. I rappresentanti del Comune nel nostro CdA, tra i quali c’è lo stesso sindaco, sono pienamente partecipi della missione del Museo e ne condividono le scelte». Avete sofferto il periodo della pandemia? A che punto è la programmazione? «In realtà non l’abbiamo mai interrotta. Anche nel 2021 che è stato comunque un anno difficile siamoriusciti a condurre in porto dei progetti importanti,come la mostra di Peter Halley, uno dei massimiartisti contemporanei. Halley ha realizzato un progetto ad hoc per il nostro Museo che ha avuto un grande riscontro. Un altro progetto significativo è quello, attualmente in corso, del collettivo Alterazioni Video, che ha girato un film sull’incompiuto Palasport di Nuoro con l’idea di realizzare un parco in quel luogo abbandonato. È un progetto importante per la sua valenza visionaria: pensare la realtà in modo diverso è un primo passo per provare a trasformarla. Abbiamo altri progetti per il 2022 che riguardano sia Nivola che artisti di caratura internazionale. I rapporti internazionali si sono paradossalmente intensificati durante il periodo di chiusura. Anche dal lato visite non è andata male, quando è stato possibile i visitatori sono tornati in gran numero, la gente non vede l’ora di fruire dei luoghi di cultura». Orani ha la fortuna di avere una comunità vivace, alla quale dedicate molti progetti. «Sì: dalle presentazioni di libri ai concerti ai festival. È una attività della quale andiamo orgogliosi, seguita dal vicedirettore del Museo, Luca Cheri. Lavoriamo molto anche con le scuole, un’attività storica e consolidata del Museo di cui si occupa Sergio Flore. In generale, il Museo ha la fortuna di contare su ottimi collaboratori e su una direttrice di prim’ordine, Antonella Camarda». Con altre realtà del territorio che rapporti ci sono, come vengono curati? «“Rete di musei”, “sistema museale” sono espressioni usate talmente spesso che a volte rischiano di suonare come formule vuote. È vero però che, al di là delle parole d’ordine, tra realtà vicine geograficamente o dalla missione affine la costruzione di rapporti di collaborazione può nascere in maniera del tutto naturale. Abbiamo buoni rapporti di vicinanza con il Man di Nuoro, ad esempio, e ottimi rapporti abbiamo sempre avuto con il Museo delle Maschere di Mamoiada, che ha interpretato in modo aperto la propria vocazione etnografica, dando spazio anche all’arte contemporanea». Non corriamo in Sardegna il rischio di essere un po’ provinciali? I contributi che arrivano da fuori possono arricchirci. «Questo è senz’altro vero ed è nella prassi usuale del mondo museale, ci mancherebbe! Anche se, in merito a vicende come quella di Mamoiada, può venire in mente un vecchio detto, cavallo vincente non si cambia». Attorno al museo è cresciuto un “indotto”. «Il Museo porta molte presenze, non solo tramite le mostre ma anche attraverso eventi come i festival o il workshop The Living Museum che porta per una settimana a Orani 40 studenti del Politecnico di Milano. Inoltre cerchiamo di utilizzare tutte le professionalità del territorio a partire dall’allestimento del Museo che è a km zero: ci siamo serviti dei bravissimi fabbri, falegnami, artigiani della pietra che lavorano a Orani. Il nostro bookshop è una vetrina per le produzioni artigiane del territorio e questo è un modo piccolo ma concreto di incidere nel tessuto economico locale.».   L’attualità della figura di Nivola, un artista unico in Sardegna. «Era un artista al tempo stesso molto legato alle sue origini ma anche una figura di respiro internazionale, inserita nel panorama più vivo della cultura dei suo tempo. Non sottovaluterei però gli artisti sardi contemporanei, ce ne sono tanti che lavorano fuori pur mantenendo rapporti con l’Isola: uno scenario che abbiamo esplorato l’anno scorso con la mostra Back-Up.  Il nostro intento è portare in Sardegna i grandi protagonisti della scena internazionale e al tempo stesso sostenere esperienze che crescono sul territorio e che si proiettano fuori arricchendo il tessuto culturale della nostra Isola». © riproduzione riservata

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