Dai Paesi - Olzai
L'incontro nella Casa Museo Carmelo Floris
Le due Grazie. Due donne sarde
di Bachisio Porru

13 Novembre 2023

4' di lettura

Olzai - Il reading letterario con gli scritti di Grazia Dore e le lettere di Grazia Deledda all’amica Paolina Satta proposta dall’amministrazione comunale di Olzai ha costituito l’appuntamento più interessante delle Cortes, favorite da una splendida giornata e partecipate da oltre diecimila persone. Legittima la soddisfazione della sindaca Maddalena Agus e di Simonetta Guiso che ha ideato e organizzato l’iniziativa. Con l’occasione si è rievocato lo stretto legame che univa le famiglie Deledda e Dore già dalla fine dell’Ottocento, tanto che persino in alcune novelle la Deledda raccontava del padrino olzaese come della persona più buona del mondo. Già da bambina trascorreva lunghi periodi a Olzai stringendo un particolare legame con Paolina, figlia del padrino Chischeddu Satta, zio del padre di Grazia Dore, Francesco. Ne sono testimonianza le quattro lettere all’amica olzaese, proposte al pubblico in questa occasione, nella casa museo Carmelo Floris. La frequentazione della Deledda con gli amici olzaesi continuò anche dopo il suo trasferimento a Roma. Dopo l’elezione alla Camera dei deputati F. Dore trasferisce la sua famiglia nella capitale, così che la Deledda, molto schiva nelle frequentazioni, ebbe modo di coltivare ulteriormente i rapporti con Francesco e le sue figlie. Il deputato olzaese ha modo di raccontare, dalle colonne di questo giornale, di cui era assiduo collaboratore, svariati episodi della loro frequentazione. Il sei dicembre del 1936 scrive: «…qualche mese prima che si mettesse a letto per non alzarsene più /G. Deledda/, a mezzo della sorella mi mandò a dire che desiderava vedere la mia famiglia. Vi siamo andati in doloroso pellegrinaggio perché sapevamo della sua terribile malattia sapendo, noi e lei, che sarebbe stato il saluto ultimo del nostro congedo terreno». 

La conoscenza e l’assidua frequentazione delle famiglie non è però sufficiente a spiegare la relazione tra le due Grazie. Nel 1917, quando i Dore si trasferiscono a Roma, Grazia ha 9 anni, la Deledda è già stata segnalata per il Nobel, ha 46 anni ed è al pieno della sua maturità artistica e letteraria. Negli ultimi anni della sua vita si informa specialmente su Peppina, la più grande delle sorelle Dore, la futura abbadessa Maria Giovanna, che scriveva romanzi con buon successo, prima delle biografie di santi che diventarono la sua specialità. Accomunava la Deledda e Peppina la sensibilità e il genere narrativo del romanzo. 

Il percorso culturale di Grazia Dore è molto diverso. Dopo il liceo Mamiani e la laurea alla Sapienza pubblica solo nel 1957 una raccolta di poesie, Giorni, con ispirazione non emozionale, di ascendenze mistiche e indubbi rimandi all’ermetismo. In filigrana si percepiscono le sofferenze di una generazione, quella vissuta sotto il fascismo, a cui veniva negata la possibilità di vivere i propri giorni così che la poesia manifesta l’incomunicabilità, il vuoto, la solitudine esistenziale, in cui lei, cattolica di formazione liberale, era stata precipitata dal fascismo. Nonostante l’ampio favore della critica, a partire da Pasolini, la Dore non pubblica più poesie. Si deve attendere il 1990 per averne la raccolta completa. Dopo la laurea lavora per 7 anni, 1923-29, come bibliotecaria nell’Archivio segreto vaticano, poi l’insegnamento sino alla fine dei suoi giorni. L’altro importante lavoro, La democrazia e l’emigrazione italiana in America (ediz. Morcelliana), pubblicato in una collana diretta da Gabriele de Rosa, è ancora oggi importante punto di riferimento negli studi di settore. Al partecipato incontro olzaese, coordinato da Angelo Loddo, nella suggestiva cornice del Museo C. Floris, hanno parlato delle due Grazie Duilio Caocci, Virginia Saba, e lo scrivente. Il professor Caocci, studioso della Deledda ha evidenziato la peculiarità della formazione e della ispirazione delle due scrittrici. La Saba si è maggiormente fermata sulla poetica della Dore.

È stato evidenziato come la critica letteraria italiana abbia faticato a riconoscere il valore della Deledda, eccezionale donna anticonformista che ha creato la propria fortuna nel tradimento, così dirompente per quei tempi, del ruolo della donna barbaricina. Grazia Dore ci dice: «Io non ho scritto una lettera al mondo. Sapevo che il mondo non avrebbe mai acconsentito a leggermi…». Una lettera straziante, alla disperata ricerca dell’essere, di Dio, come quella dei grandi mistici, che attende sempre di essere ascoltata. 

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--