Indagine “Monte Nuovo”. Tra arrosto e fumo
di Francesco Mariani

7 Ottobre 2023

4' di lettura

Alle conferenze stampa fatte a margine di indagini giudiziarie a strascico, con decine di pesci catturati o catturandi, ho sempre creduto poco. Il mio scetticismo, purtroppo, è atavico. Per me, il colpo inequivocabile di sfiducia in questa metodologia di comunicazione giudiziaria fu quando venne arrestato, nel 1994, in forme e clamore vergognosi, l’allora presidente della Provincia di Nuoro, all’inizio della campagna elettorale per le regionali, cui era ufficialmente candidato da un paio di settimane prima. Ci fu una conferenza stampa, in pompa magna, per pubblicizzare che lui ed una dozzina di coimputati erano finiti in carcere con l’accusa, a vario titolo, “dei delitti di peculato, falso ideologico e materiale in atto pubblico, truffa aggravata, abuso d’ufficio, turbativa della libertà degli incanti, corruzione ed altro”. Si parlava di un miliardo di lire. Finì tutto in una bolla di sapone. I processati vennero assolti ma restarono personalmente devastati nel fisico, nello spirito e nella carriera. E non ci furono conferenze stampa per chiedere scusa. E purtroppo gli artefici di quella schifosa operazione sono stati promossi. 

Di accadimenti di questo tipo ne ho visti fin troppo. Anche il ricambio degli assetti politici è stato talvolta favorito da vie giudiziarie. 

Chi oggi applaude per l’arresto del suo avversario politico farebbe bene a ricordarsi che domani potrebbe capitare anche a lui. Lo diceva Pietro Nenni: «A fare a gara per fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura».    

Questa lunga premessa è per parlare dell’operazione “Monte Nuovo” che ha portato in carcere 13 persone e 18 ai domiciliari, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione segreta, associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e altri reati come peculato e corruzione. Tra gli arrestati spiccano i nomi dell’ex assessora regionale dell’agricoltura Gabriella Murgia e del primario Tomaso Gerolamo Cocco, responsabile della terapia del dolore all’ospedale Marino di Cagliari. 

Ovviamente sono allegate intercettazioni e fotogrammi utili per dimostrare tutto questo. Ed altrettanto ovviamente mi chiedo se la carcerazione preventiva, anche in questo caso, sia proprio necessaria. 

Personalmente, ripeto, non mi fido di queste conferenze stampa tenute dagli accusatori ad indagini ancora in corso, come da loro dichiarato. Se si sta ancora indagando perché imbandire il tavolo della comunicazione e annesse pre-sentenze come ad opera conclusa? Serve per mandare messaggi in codice? Perché, per l’ennesima volta, si danno in pasto urbi et orbi intercettazioni più o meno attinenti, ipotesi che sono tutte da verificare e che coinvolgono di straforo diverse persone estranee ai reati contestati? Inquirenti e magistrati possono anche essere tutti dei santi, ma di queste persone comuni o illustri c’è da rispettare la loro vita privata se non c’è di mezzo un crimine accertato.

Anche in uno spuntino campestre c’è arrosto e c’è fumo. Attendo, con disincanto, se in questa inchiesta prevalga il primo o il secondo, oppure vincano entrambi. C’è il frate ed il sindacalista, il soggetto noto e quello ignoto: mentre mangiano davvero sono tutti coscienti di essere succedanei di un’organizzazione malavitosa e mafiosa?
Non mi sono mai piaciute le infornate dove in contemporanea c’è carne e pesce. 

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